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Fool, il nuovo pop secondo Joe Jackson

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L’artista britannico torna con un album fresco e immediato. Otto brani di gran classe e pieni di atmosfera

Un ritorno in grande stile per la generazione del riflusso: ci si riferisce agli alfieri della new wave britannica di fine anni ’70, che sembrano essersi dati appuntamento negli ultimi sei mesi.

È il caso di Graham Parker e del suo valido Cloud Symbols. Ed è il caso di Elvis Costello con lo spumeggiante Look Now.

Buon ultimo, Joe Jackson chiude il cerchio con l’ottimo Fool, il ventunesimo album in quarant’anni appena compiuti di carriera, uscito a metà gennaio per la Edel Ag, otto canzoni di buon vecchio, elegantissimo pop, con qualche riferimento al post punk delle origini e piene di finezze e citazioni colte.

Joe Jackson dal vivo

Ma, soprattutto, un sound più immediato e potente rispetto al finissimo predecessore Fast Forward (2015), doppio album composto con quattro band diverse (una per facciata, in pratica).

Merito senz’altro della produzione, affidata al pluripremiato newyorchese Paul Dillet.

Ma merito anche, e forse in maniera determinante, del songwriting più fresco, perché Jackson stavolta ha scritto tutti i brani durante il tour di Fast Forward e li ha provati direttamente in concerto con la sua rodatissima live band, composta dal bassista Graham Maby, sodale dell’artista britannico sin dagli esordi, dal chitarrista Teddy Kumpel e dal batterista Doug Yowell.

Se Fool non è un live in studio, poco ci manca, visto che è stato inciso a fine tour nei Tonic Room Studio di Boise, nel cuore dell’Idaho, in poche sessioni.

La copertina di Fool

E il risultato (frutto anche dell’intenzione di aggredire gli store digitali), si sente. E non hanno del tutto torto gli addetti ai lavori che hanno voluto leggere in quest’album un ritorno al vecchio stile, appena stemperato dalle raffinatezze acquisite durante la lunghissima carriera.

A proposito di ritorni, non può passare sottotraccia l’intrico di citazioni dell’open track Big Black Cloud, che oscilla tra pop e indie rock con il piano in bell’evidenza, che rimanda ad alcune cose del Bowie prima maniera. Con una sfacciataggine rara, Jackson parafrasa Ball And Chain degli Xtc, i papà dell’alternative rock britannico, nei versi iniziali: «Save us from the big black cloud» (e infatti la canzone della band di Andy Partridge e Collin Moulding attaccava con: «Save us from ball and chain»).

Un piccolo inno alla depressione e al vuoto generazionale, ben sottolineati in un coro dall’andamento allegro ma dal contenuto triste: «No luck, no money, no sex, no fun/Get on the treadmill and run, run» («Niente fortuna, soldi, sesso, divertimento/Sali sul tapir roulant e corri»).

Altrettanto abrasiva, Fabulously Absolute è un tuffo nel post punk dei primi anni ’80, dalla ritmica incalzante e con un synth schizofrenico ad impreziosire il tutto.

Deliziosamente british, Dave rinvia a una doppia tradizione: quella mod, in cui risuonano alcune eco dei Kinks, e a quella jacksoniana di Night And Day, grazie a una bella melodia e a un testo malinconico.

Le armonie aperte di Strange Land rivestono di finissimi toni fusion un lento di gran classe in cui Jackson si lancia in delicati fraseggi di pianoforte.

Decisamente più allegra, Friend Better si sviluppa su un up tempo dal grande respiro dinamico che incornicia un refrain spensierato.

Ma l’estro creativo di Jackson si esprime appieno nella title track: Fool è un simpatico pastiche in cui il cantato rock si mescola a ritmi latini da night club (ottimo, al riguardo, il recital di piano a metà brano, seguito da un notevole assolo di basso, nel quale Maby cita il tema di Don’t Stop The Carnival).

Il grande british pop torna con prepotenza nella chiaroscurata 32 Kisses, in cui allegria e malinconia si alternano in un crescendo cadenzato da alcuni garbati stop and go marcati dal piano e carezzati dalla chitarra.

Chiude la sognante Alchemy, una rumba fascinosa dall’atmosfera notturna e dai richiami saudade.

Un primo piano di Joe Jackson

A oltre sessantacinque anni d’età, Joe Jackson non delude, neanche quando si riscopre minimale come in Fool.

Un ritorno? Proprio no, perché il londinese trapiantato a New York non ha mai preso una pausa vera e continua a macinare dischi e tour con ritmi incessanti. Segno che la buona musica non fa invecchiare. O, per parafrasare qualcuno, non logora chi la sa fare.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale di Joe Jackson

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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