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Retribution: torna l’ugola d’acciaio di Jeff Scott Soto

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Duro, potente e a tratti melodico. Tutto da ascoltare l’undicesimo album dell’inossidabile cantante heavy americano. Un tuffo negli ’80 senza nostalgia

Con Jeff Scott Soto, il cantante più latin (anche nell’aspetto) della scena heavy mondiale e quello vocalmente più british di quella americana, i numeri si fanno impressionanti.

Retribution, il suo ultimo album, è l’undicesima prova e l’ennesima incisione di una carriera iniziata nei lontani anni ’80, quando il Nostro era alla corte di Yngwie Malmesteen e subiva paragoni continui con Ronnie James Dio, allora all’apice di ben altra carriera. Ma è anche l’ennesima incisione di un artista che, nel corso degli anni, ha collaborato, anche in ruoli di primissimo piano, con tantissime star.

Perciò ascoltare serenamente il cantante portoricano non è facilissimo. Anzi, è difficile sfuggire alla tentazione del citazionismo: Soto è un super reduce di lusso, che ha prestato la propria voce ai progetti musicali più disparati. E non si è fatto mancare niente: supervirtuosi della chitarra (come il già citato Malmsteen, l’ex Kiss Vinnie Vincent, l’ex Megadeth Jeff Young, il celeberrimo Paul Gilbert, l’italiano Alex Masi, i teutonici Michael Schenker e Axel Rudi Pell e il giapponese Kuni), rockstar di vario tipo (dagli Ac/Dc a Lita Ford) e varie band, tra cui Talisman, Panther, W.E.T, e Soto. È quantomeno logico che abbia preso un po’ da ciascuno e che le influenze emergono.

Ed ecco subito il primo giudizio su Retribution: se cercate qualcosa di originale e innovativo, cambiate subito artista e genere. Se invece volete ascoltare musica seria, robusta, concepita bene ed eseguita meglio, lasciatevi pure andare: Soto è l’artista che fa per voi. E Retribution è un album così completo e vario da risultare quasi enciclopedico.

Si parte subito col botto, grazie alla title track, dove il cantante dà una gran prova di sé gorgheggiando alla grande sui riff durissimi di Howie Simon, che suona alla grande chitarra e basso, e sulla ritmica massiccia del brasiliano Edu Cominato, il tutto impreziosito da flash di tastiera eseguiti dallo stesso Soto.

Molto heavy anche la successiva Inside/Outside, solo che in questo caso prevale un po’ l’american touch, grazie al refrain arioso della melodia vocale. Anche qui è da manuale la performance di Simon.

Sempre americaneggiante ma tosta Rage of the Year, impreziosita da un coro ruffiano che fa da pendant alla ritmica cadenzata che assume un’andatura funkeggiante nel bridge (se si vuole, il brano richiama in parte i Kiss di Asylum) e poi si lancia in un’accelerata mozzafiato durante l’assolo di chitarra.

Reign Again ammorbidisce il tutto e vira verso l’Aor radiofonico, grazie alla melodia ammiccante. Questa piccola operazione nostalgia, gestita con gran classe, si avvale di una formazione diversa: il posto del polistrumentista Simon è rilevato per l’occasione dai chitarristi August Zadra e Stephen Sturm e dal bassista Carlos Costa.

Sempre a proposito di Aor, Soto dà un’ulteriore ammorbidita con Feels like Forever, una bella ballad ottantiana che strizza l’occhio ai Def Leppard e ai vecchi Whitesnake, riproposta come bonus in versione acustica.

La tensione risale con Last Time, dura ma melodica, e la funkeggiante Bullet for my Baby, che richiama un po’ i Toto più duri.

Song for Joey è un’altra ballad, molto struggente e carica di malinconica nostalgia (è dedicata al fratello del cantante), in cui le parti di chitarra, basso e tastiere sono affidate a Paul Mendonca.

Decisamente metal Breakdown, mentre Dedicate to You riporta il sound su lidi più americani (i richiami ai Van Halen si sprecano).

Retribution si chiude con un’altra ballad, l’intimistica Autumn, che stavolta è interamente acustica.

Non più giovanissimo (è del ’65) Soto conferma alla grande la tradizione secondo cui gli artisti metal sono i più longevi e, allo stesso tempo, i più capaci di evolversi. E quest’evoluzione è tanto più gradita se accompagnata da una coerenza artistica che, tuttavia, non scade nella ripetizione di cliché.

La lezione degli anni ’80 è finita? Proprio no. A sentire questo splendido cinquantenne cantare ancora come Cristo comanda, sembra anzi che stia iniziando ora.

Da ascoltare più volte. Ne vale davvero la pena.

Da ascoltare (e da vedere):

Retribution

Feels like Forever

 

 

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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