Dall’Umbria a Londra, l’esordio dell’erede italiano dei Muse
Ex-Human è l’album d’esordio solista di Paul Pedana, un trentenne che si è affermato in Gran Bretagna e spopola nell’Europa dell’Est
Prima considerazione: avevamo una potenziale star in casa e se ne sono accorti all’estero prima che da noi. Non un estero qualsiasi, ma in Gran Bretagna, che è la culla di un certo modo (impegnato e fruibile allo stesso tempo) di intendere il rock, e nell’Europa dell’est, da sempre affamatissima di rock.
Seconda considerazione, che vale sempre per gli artisti rock: l’Italia produce talenti e stimola creatività a ripetizione. Ma poi chi vuol fare sul serio deve armarsi di coraggio e valigie e tentare il salto di qualità altrove, perché da noi non c’è sbocco.
Ovviamente, non è retorica. Anzi, la vicenda di Paul Pedana, un trentenne di Umbertide che spopola in Bielorussia e si è affermato a Londra, insegna: uno come lui, che si ispira ai Muse e ai Radiohead (e si sente, eccome se si sente), in Italia non avrebbe avuto possibilità. Paradossalmente, non a causa di una presunta carenza della domanda, bensì dell’offerta, visto che i media ufficiali restano caparbiamente ancorati a un’idea di manistream abbondantemente superata.
Attivo sin dalla prima adolescenza, Pedana ha iniziato come batterista e poi si è dedicato a vari strumenti (quelli a corde, il pianoforte e le tastiere) fino a darsi una compiuta fisionomia cantautorale, grazie anche a una voce profonda e particolare, che parte da una timbrica baritonale ma è capaci di lanciarsi un falsetti lancinanti.
Dopo una lunga gavetta con gli Anthropos – con cui ha realizzato quattro singoli, tre video e un ep – il musicista umbro è sbarcato all’estero a più riprese e si è stabilito a Londra dove ha ottenuto i primi contratti seri, incluso un ingaggio come modello, e ha potuto affinare tecnica e capacità espressiva suonando nei contesti più disparati, ivi inclusi Oxford Street e Hyde Park, assieme a musicisti da strada.
Preceduto da tre singoli, tra cui Kate, Ex-Human, l’album di esordio di Pedana, è il frutto maturo di tanto impegno.
Lui si definisce alternative rock. In realtà, per quel che lo riguarda, si dovrebbe parlare di art rock, tanto è raffinata la rilettura delle fonti d’ispirazione.
Si prenda, ad esempio, All These Rubbies, il brano di apertura: è Muse al 100 per cento, a partire dal cantato, che ricorda non poco Matthew Bellamy. Così come sono Muse le alternanze tra atmosfere morbide e fortissimi e il contrasto tra melodia e durezza dei riff, sporcati un po’ dall’elettronica. Tuttavia, l’insieme risulta più arioso e meno cupo rispetto al sound del terzetto di Teignmouth.
Più dura e carica di riferimenti psichedelici e post rock la seguente Psyborg, in cui Pedana distorce letteralmente la melodia, deformandola a suon di acuti. Anche in questo caso la lezione di Bellamy e soci è più che evidente. The Hummingbird è, invece, completamente acustica, una sorta di unplugged in cui il giovane cantautore dà prova delle sue capacità vocali e di arrangiatore al pianoforte.
Elle the Alien è una ballad un po’ americaneggiante, giocata sulla chitarra acustica e sul crescendo in cui si innesta un efficace quartetto d’archi. Sempre su un arrangiamento acustico (chitarra, pianoforte e archi) si basa The Silence, presente solo nella versione cd dell’album. A differenza del brano precedente, qui predominano un effetto più notturno e un pathos leggermente più drammatico. È una canzone romantica, anche al di là delle intenzioni dell’autore
In Come in, invece, riecheggia un po’ la lezione dei Radiohead: partenza minimale per valorizzare la melodia dolce, poi il brano esplode e diventa elettrico nella parte finale.
Le atmosfere sognanti dominano in Kate, il singolo che ha anticipato l’album (tra l’altro accompagnato da un bel video girato a Cracovia), una gradevolissima canzone pop piena di toni romantici.
In Pay si ritorna al binomio Muse-Radiohead: partenza con arpeggio e crescendo che ricorda alcune cose di Blackout, anche se Pedana, stavolta, evita i falsetti.
Hello Sweet World è un’altra ballad sognante e ariosa, Di nuovo una scelta minimale in Dreaming, solo voce pianoforte e archi, che ricorda qualcosa dei Muse di Resistence.
Tornano echi pop acustici in My Lonely Lovely Place.
L’album si chiude con la bellissima, drammatica Suave, che riassume – tra tonalità notturne, spazi acustici un po’ dilatati e fortissimi elettrici di efficace intensità – tutto lo spettro sonoro dell’album.
Ex-Human, per dirla in gergo, merita. È una prova validissima di un talento giovane arrivato alla maturità e pronto ad esplodere.
Paul Pedana in quest’album dà anche una valida prova delle sue capacità di arrangiatore: quasi fosse un novello Mike Oldfield, ha suonato la gran parte degli strumenti utilizzati nell’album (piano, batteria e chitarra acustica) e ha scritto le altre parti, egregiamente interpretate dal chitarrista Denis Efimenko, dal bassista Eduardo Fajardo, dal tastierista Lef Germenlis e dal batterista Nitzan Ravhon.
La carta vincente del cantautore perugino è stata senz’altro la scelta di dirigersi verso mercati internazionali, operata prima con gli Anthropos e confermata anche ora da solista.
C’è da dire, purtroppo, che questa è l’unica scelta che paga, visto che, tranne rari miracoli, è praticamente impossibile per un artista italiano che voglia darsi al rock usare come trampolino il mercato internazionale, anche quando opera una scelta tendenzialmente mainstream come quella di Pedana.
Il problema, lo ripetiamo, non è nella domanda del pubblico ma nell’offerta dei media, determinata spesso dai limiti culturali degli addetti ai lavori. Tolte le radio specializzate, lo spazio per i ragazzi come Paul Pedana è poco. Peccato per l’Italia.
Per saperne di più
Il sito web ufficiale di Paul Pedana
Da sentire (e vedere):
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