Potenza tedesca, melodie americane e un tocco di classe italiana per i The Unity
La nuova frontiera del power metal in Rise, il secondo album della band nata da una costola dei Gamma Ray
Se fosse una soap, la storia del power metal tedesco ruoterebbe tutta attorno agli Helloween, che in questo ambiente hanno un peso maggiore di quanto non abbiano le vicende della famiglia Forrester in Beautiful.
Prova ne sia che i The Unity, un brillante metal act italo-tedesco, sono un esito dei capricci delle Zucche di Amburgo. Una filiazione legittima, generata dalla reunion degli Helloween, che hanno recuperato lo storico cantante e Michael Kiske l’altrettanto storico chitarrista Kai Hansen e, seguendo una moda inaugurata dagli Iron Maiden, si sono lanciati in un tour mondiale con una formazione a sei elementi, per non lasciare fuori nessuno.
Ma richiamare Hansen ha significato dare uno stop ai Gamma Ray, l’altra band seminale della scena power, di cui il chitarrista amburghese è il leader-fondatore.
Proprio questo stop dovuto al rientro del leader alla casa madre ha stimolato Henjo Richter e Michael Ehré, rispettivamente chitarrista e batterista dei Gamma Ray, a fondare i The Unity, assieme al cantante italiano Jan Manenti, al bassista Jogi Sweers, al chitarrista Stefan Hellerhorst e al tastierista Sascha Omen.
E il fatto che questo sestetto, nato nel 2017 sia giunto da poco con il recente Rise, pubblicato da Spv, al secondo album, dimostra due cose: innanziutto, che la reunion degli Helloween è un affare così serio da mettere i Gamma Ray in frigorifero (come, per fare un parallelo, capitò ai Dio dopo la terza reunion dei Black Sabbath col compianto Ronnie James Dio); in secondo luogo che i The Unity non sono un side project ma una band vera e propria.
Per questo Rise merita un ascolto attento. Creatività e melodia italiana più potenza e precisione teutoniche? Non solo questo, perché i The Unity si discostano non poco dai canoni del power e ammorbidiscono il songwriting senza tuttavia addolcire il sound. Come a dire che, pur tenendo ancora il classico piede dentro la scena in cui si sono formati, si guardano attorno in cerca di ulteriori sbocchi.
Come da tradizione teutonica, l’album parte con la consueta intro suggestiva, in questo caso Revenge, un minuto e mezzo di atmosfere evocative contornate dai consueti riff pesanti.
Last Betrayal esprime in maniera completa ed efficace le coordinate del gruppo: un power metal spedito, con un’ottima prestazione della sezione ritmica e un riffing serratissimo delle chitarre. Valida anche la performance di Manenti, che esaspera la linea melodica senza eccedere nello screaming.
Fin qui, nulla che non ci abbiano fatto ascoltare già gli Helloween e le loro infinite derivazioni.
Con You Got Me Wrong il songwriting si orienta in direzione americana: di heavy in questo brano c’è soprattutto l’interpretazione, ma per il resto sembra di sentire i Gamma Ray che interpretano i Journey con qualche spruzzata di grunge nel bridge. Ancora sugli scudi la voce di Manenti, che dimostra una duttilità notevolissima, sia nelle parti più toste del refrain, sia nelle melodie ariose del coro.
Americana anche la seguente The Storm, che ricorda un curioso mix tra i Bon Jovi più duri e gli Europe della reunion d’inizio millennio.
Road To Nowere parte con un attacco power helloweniano che sfocia in un bel riff alla Judas Priest, ma il refrain evolve in direzione di un aor interpretato con garbo e pesantezza allo stesso tempo, a conferma che di tutto si può accusare i The Unity tranne che di scarsa varietà sonora.
Welcome Home è un esempio classico di happy metal, grazie al motivo epico e allegro che rinvia allo spirito degli anni ’80 più spensierati.
Nowhere To Run è un bel pezzo radiofonico che non sfigurerebbe nel repertorio dei Journey, tranne per un dettaglio non secondario: gli illustri americani non suonerebbero così heavy neanche se rinascessero.
Epico e massiccio, No Hero è un altro bell’esempio di power metal dall’ispirazione priestiana arricchita dall’impostazione maggiormente melodica dell’ugola di Manenti.
La tradizione power è fatta anche di ballad e con una voce come quella di Manenti i The Unity proprio non possono sottrarsi: infatti, The Willow Tree provvede alla grande con melodie magniloquenti e atmosfere ariose.
Le nostalgie ottantiane fanno capolino in Above Everything, un altro pezzo in cui i Fantastici Sei dimostrano come si possano fare brani radiofonici senza rinunciare alle sonorità heavy.
Con Children Of The Light gli italo-tedeschi si riposizionano nel power più canonico, grazie al consueto assieme di tempi veloci, riff serrati e melodie epiche.
Better Day è un altro viaggio ben riuscito nel rock radiofonico ottantiano.
L’album termina con L.I.F.E., l’ennesima incursione nell’aor rivisto e corretto dai felici inserti power delle chitarre e dalla ritmica pesante e cadenzata.
Ai fan più incalliti, che come di consueto vivono nell’Oriente più estremo, la Spv ha dedicato un pensiero particolare: l’edizione giapponese di Rise contiene tre bonus track, Si tratta delle versioni live di No More Lies, God Of Temptation e Close To Crazy, tratte dal primo album omonimo, in cui i The Unity dimostrano un’attitudine decisamente più heavy, segno che il palco galvanizza sempre.
È presto per dire se i Gamma Ray andranno in pensione definitivamente o se la reunion degli Helloween sia solo uno stop temporaneo, anche se prevedibilmente lungo.
Nel frattempo godiamoci il progetto di Richter ed Ehré, che dimostra come non tutti i mali vengano per nuocere e che la fine di una grande band non è poi quel gran male se ispira progetti così importanti e carichi di belle promesse.
Per saperne di più:
Da ascoltare (e da vedere):
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