The Wake, i trentacinque anni di gloria e passione dei Voivod
I padrini del metal sperimentale celebrano la loro lunga carriera con un concept fantascientifico pieno di rimandi al jazz rock e all’avantgarde metal. Di thrash ne è rimasto poco, ma non è un problema. Anzi…
Sì, sono ancora i Voivod, nella formazione stabilizzatasi nel 2014 con l’ingresso del bravissimo Rocky, al secolo Dominique Laroche, al basso e in cui gli unici superstiti dell’estremismo sonoro delle origini sono il frontman Snake, cioè Denis Bélanger, e il cocciutissimo Away, cioè Michel Langevin, uno dei batteristi più sottovalutati del metal.
Ma tant’è: la formula del quartetto canadese si è sempre basata più sulla performance d’assieme che sull’ego dei singoli. E forse anche per questo Chewy, ovvero l’ottimo Daniel Mongrain è riuscito a inserirsi bene nel delicato ruolo chitarristico del compianto Piggy, ossia Denis D’Amour.
The Wake, pubblicato di recente da Century Media, ha un doppio valore: da un lato segna senz’altro il ritorno in grande stile della band, a cinque anni di distanza dal pur ottimo Target Earth, e, dall’altro, è l’occasione per celebrare il trentacinquesimo anniversario di una carriera controcorrente, al riparo delle mode e dai loro riflussi, vissuta con una coerenza stilistica a dir poco formidabile.
Sì, come da Voivod-style, quest’ultimo album è un concept fantascientifico, dedicato al futuro dell’umanità e pieno di suggestioni inquietanti.
E le sonorità sono all’altezza delle tematiche, ben espresse anche dall’artwork della cover, curato come di consueto da Away.
La veloce Obsolete Beings spalanca le porte dell’inferno sonoro con il consueto mix di sonorità dissonanti, cambi di tempo e di atmosfera, gestito dal riffing paradossalmente raffinato di Chewy. Mefistofelica e camaleontica l’interpretazione di Snake, cupo e suggestivo nelle strofe e capace di uno screaming non eccessivo ma efficace nei bridge.
Superba la parte solista, in cui il brano vira verso il jazz metal.
Una serie di dissonanze imponenti e sofisticate apre The End Of Dormancy, che si destreggia tra fusion, jazz rock e avantgarde metal e sfocia in una parte centrale da incubo.
Come da titolo, Orb Confusion è un brano di efficacissima bizzarria: tempi spezzati e riff obliqui in cui la linea melodica emerge a stento tra le armonie dilatate e distorte (e sì, ancora una volta dissonanti).
Le origini thrash riemergono nelle strutture stranianti di Iconspiracy. Ma è sempre il thrash rivisto dai Voivod del 2018, perciò non stupisce l’intermezzo sinfonico che lancia un assolo sulfureo su un controtempo micidiale della sezione ritmica. E non stupiscono neppure i passaggi prog tra una strofa e l’altra.
Ci eravamo scordati della psichedelia, altro ingrediente fondamentale della musica dei quattro postmetallari di Montreal. Niente paura: ce la ricordano loro con l’allucinata Spherical Perspective, il cui il refrain floydiano (dei Pink Floyd delle origini, s’intende), affoga nei passaggi violenti e nei riff percussivi in stile djent metal.
Ancora psichedelia allucinata e avanguardia più un pizzico di noise in Event Horizon, che si snoda su un riff strampalatissimo e volutamente zoppicante. Superba la prestazione della sezione ritmica, impegnata in un dedalo ardito di controtempi, tempi dispari e stop and go.
Il riffing scatenato dell’attacco potrebbe trarre in inganno e far pensare a un ritorno di fiamma per le sonorità trucide dei primi ’80, ma Always Moving devia subito verso la psichedelia con un cantato allucinato e minimale accompagnato da un sequencer che sfocia nel thrash solo nei cori. Un brano impressionante, soprattutto se si pensa ai tanti cambi di atmosfera contenuti in meno di sei minuti.
I dodici minuti e mezzo di Sonic Mycelium chiudono l’album con un carico spaventoso di atmosfere infernali e allucinate. Una suite secondo i Voivod, cioè un’anti suite che disegna scenari sonori mostruosi al limite del lovecraftiano.
Per i fan più accaniti, c’è il bonus cd con sei brani dal vivo, pescati un po’ da tutta la loro carriera, a partire dal classico Nothingface, rappresentato da Inner Combustion, per proseguire con l’acclamatissimo Killing Tecnology, da cui è tratto Order Of The Blackguards, Dimension Hatross da cui proviene Psychic Vacuum, The Outher Limits, dal quale è eseguito The Lost Machine, l’ep Post Society, da cui proviene Fall, e infine il tuffo nelle origini più sanguinarie con la mitica Voivod, tratta dall’esordio di War And Pain.
Il thrash è ancora vivo grazie ai Voivod? Forse no, perché parlare di thrash in questo caso significherebbe fare un triplice torto: alla band canadese, fautrice da sempre di uno sperimentalismo ardito che forse ne ha persino azzoppato la carriera, a The Wake, che è rappresenta il culmine di questo percorso accidentato e a volte obliquo e laterale, e a chi il thrash ha continuato a praticarlo in maniera indefessa (gli Slayer, ad esempio).
I Voivod sono vivi, semmai, e lottano con noi. E scusate se è poco.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale dei Voivod
Da ascoltare (e da vedere):
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