Blasting News, ovvero: come uccidere il giornalismo
Il sito web di informazione viola sistematicamente le regole del giornalismo ma macina numeri da capogiro. Tutto sulle spalle di chi vi scrive, attratto dal miraggio di guadagni più facili e, soprattutto, dalla possibilità di ottenere il tesserino da pubblicista. La realtà, purtroppo, è ben diversa. C’è chi ha parlato di innovazione. Ma può essere un vero innovatore chi mira ad abolire il valore qualitativo del lavoro?
A dispetto delle censure e dei tanti giudizi negativi, Blasting News (ecco l’indirizzo italiano: it.blastingnews.com), il sito di informazione fondato nel 2013 da Andrea Manfredi, sembra tenere e, addirittura, aumentare i numeri e le ambizioni.
Non a caso, una tale Viviana Fulgenzi ha di recente bombardato il web di annunci, pubblicati da vari portali.
Blasting News, alla lettera Notizie Esplosive, cerca giornalisti freelance (e non è chiaro se l’autrice dell’annuncio si riferisca al titolo, che esiste, oppure ai tanti che scrivono in totale precariato). Uno di questi annunci, pubblicato il 19 aprile dal sito LavoriCreativi, desta qualche dubbio: vi sono indicati un indirizzo difficile da verificare e un numero di telefono inesistente. Sarà un errore? Forse. Oppure l’autrice dell’annuncio ha reputato sufficiente l’indicazione della e mail?
Andiamo avanti: tuttora vari lanci online enunciano numeri trionfali, che si aggirano addirittura attorno alle centinaia di milioni di visite ricevute da questo sito.
Cos’ha di speciale questo sito di informazione, che si autodefinisce indipendente con non poco autocompiacimento? A leggerne l’edizione italiana, niente. È una normale piattaforma che contiene le notizie della giornata con una gerarchia alla francese (prima la cronaca internazionale e poi gli interni, il contrario di quel che fanno i giornali italiani).
I pezzi, in generale, non hanno quella gran qualità: qui e lì si notano refusi, la titolazione è spesso banale e le notizie sono in linea con quel che pubblicano le grandi testate. Certo, il sito è multiedizioni (ce n’è una anche per la Repubblica Ceca, giusto per fare un esempio), ma il tono è piuttosto generalista in tutte le versioni. La domanda è banale: come mai tante visualizzazioni per un giornale che riporta le stesse cose di altri senza fare la differenza?
Il motivo, spacciato per una trovata geniale nel 2013, risulta piuttosto banale, alla luce del senno di poi: il sito, ora come allora, promette di pagare gli articoli che ricevano almeno 150 visite, ma in questo caso si guadagnano centesimi. Per i quattrini veri, comunque non più di 150 euro, occorre che il pezzo superi svariate migliaia di visite, secondo alcuni oltre 50mila. Morale della favola: non è il giornale a fare il giornalista, come capitava e capita tuttora nei giornali normali (compresi quelli online), che creano le firme o le potenziano grazie al valore della testata, ma è l’esatto contrario. Il giornalista, grazie a questa corresponsabilizzazione, è indotto a trasformarsi in spammer e a bombardare i propri e altrui profili sui social network di articoli.
Un’innovazione? Non proprio. Semmai un paradosso: è come, per fare un paragone con i giornali normali, se un giornalista, magari un redattore, fosse obbligato non solo a scrivere e impaginare ma anche ad attaccare le locandine in edicola la mattina presto e a sparare i propri pezzi sui social network.
Ma quelli di Blasting News, evidentemente più attenti al marketing che all’informazione, parlano di giornalismo partecipativo e di informazione dal basso. Tutti possono diventare giornalisti (il che, se si riduce il giornalismo alla semplice pubblicazione di notizie purchessia, è in parte vero) a prescindere dai percorsi culturali, professionali e di vita. Di più: Blasting promette ai più meritevoli di poter ottenere il tesserino da giornalista pubblicista, che oggi è un titolo professionale vero e proprio. Però non si riesce a capire come: la società editrice del sito (Blasting Sagl) è a Chiasso, sebbene la testata sia registrata in Italia. Infatti, nel manuale per i blaster (quelli di Blasting ben si guardano dall’usare l’espressione giornalista) viene indicato il numero e l’anno della registrazione, ma non il Tribunale presso il quale è stata depositata. Inoltre, il giornale si limita a dire che paga solo a condizione che i pezzi ricevano un numero discreto di clic.
Tutto questo dovrebbe far sorgere dei dubbi: per rilasciare il tesserino da pubblicista gli Ordini regionali dei giornalisti richiedono un quantitativo minimo di articoli, che devono essere pubblicati e retribuiti (attenzione: tante pubblicazioni, altrettante retribuzioni), che varia dai 60 ai 100 in due anni. Se si considera la logica di Blasting, si può correre il rischio di scrivere 300 o 400 pezzi in un anno senza poter essere certificati, perché ormai l’Ordine dei giornalisti considera quasi obbligatorie le tariffe minime indicate dalla Carta di Firenze, un documento interno che detta le norme in materia. Ora, siamo sicuri che quelli di Blasting non si facciano pregare per rilasciare la documentazione, tant’è vero che alcuni blaster avrebbero ottenuto il tesserino da pubblicisti. Ma se ciò non dovesse accadere? A chi potrebbe bussare l’aspirante giornalista? Per caso alla sede del giornale, che è a Chiasso e potrebbe benissimo essere una stanza vuota in un appartamento? Al direttore responsabile, che fa su e giù tra l’Italia e la Gran Bretagna?
Intendiamoci: i giornali normali, cartacei e online, spesso non sono meglio. I casi di mobbing non si contano e i criteri di selezione sono perlomeno vaghi. Ma almeno esiste la possibilità di ottenere giustizia, visto che nella maggior parte dei casi i giornalisti riescono a vincere in Tribunale contro i propri editori. Certo, questa situazione strana del giornalismo italiano aiuta non poco iniziative come Blasting News, ma ciò non autorizza a considerare questo sito un giornale vero e il suo ideatore un editore. Già: giornali ed editori veri devono tener conto di regole, anche se le violano sistematicamente (e spesso con costi giudiziari pesanti), Blasting News, invece, è nato proprio con la mission di eludere queste regole.
Questo dato emerge con chiarezza da alcuni dettagli del contratto con cui vengono assoldati i blaster. Innanzitutto l’attuale formula: non collaborazione senza vincolo di subordinazione, ma cessione dei diritti d’autore. Su questo punto si è spesa di recente, con parole di fuoco, Marina Marcelloni, la presidente dell’Inpgi (la cassa previdenziale dei giornalisti), che ha bollato questa prassi, diffusa tra gli editori del Centronord, come un tentativo di aggirare gli obblighi previdenziali.
Tuttavia, nel contratto c’è di peggio. Infatti, una clausola impegna gli autori «a manlevare e tenere indenne la Società da qualsiasi eventuale richiesta di danni pervenuta o qualsiasi pretesa da terzi per quanto riguarda i Contenuti Editoriali e si impegna di assistere la Società nella difesa di ogni pretesa e si impegna a risarcire la Società in caso di contestazioni». Detto altrimenti: se qualcuno azzarda la notizia e viene querelato non può contare sulla solidarietà del giornale, altrimenti obbligatoria per legge. Al contrario, è lui che dovrebbe assicurare la difesa legale alla testata. Il che fa capire, tra le altre cose, che una redazione vera, fatta cioè di professionisti in grado di verificare e filtrare le notizie, non c’è.
Ma gli scoop, il sogno di ogni giornalista, non interessano a Blasting News. Infatti, tranne che per l’attivismo dei blaster, certi risultati non si spiegano.
Una delle parole chiave del portale è meritocrazia, intesa in maniera particolare: più si fanno clic, più si è bravi. Funziona? Il problema è che a Andrea Manfredi, il padre padrone di quest’iniziativa, non interessa l’informazione.
Toscano di nascita e bocconiano di formazione, Manfredi ha avuto una sua militanza nel giornalismo, da cui ha ottenuto il tesserino di giornalista pubblicista, quello che usa come specchietto per le allodole nei confronti dei tanti blogger digiuni di giornalismo che cerca di attirare. Nello scorso decennio ha un’intuizione brillante: fonda Supermoney (www.supermoney.eu), uno startup in cui compara le tariffe dei servizi più disparati. Il sito, che col giornalismo ha comunque poco a che fare, funziona perché servizi così servono davvero. Da qui all’editoria generalista, il passo è breve. Ma Blasting News, oltre ai numeri, procura qualche rogna al giovane giornalista-editore.
Infatti, nel 2014 il Nostro subisce un procedimento disciplinare dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia in cui rischia la radiazione. Perciò decide di spostare la casa editrice in Svizzera: «Perché fare l’imprenditore in un paese che ti massacra se fai qualcosa che funziona?», dichiara Manfredi a Martina Pennisi di Wired (http://bit.ly/articolo-pennisi). Peccato solo che la giornalista non abbia seguito tutto il procedimento: avrebbe scoperto che Manfredi era finito sotto giudizio non per le solite pastoie di casta, ma in seguito a una serie di esposti firmati da più persone, giornalisti e aspiranti tali. Per questo si becca la censura. Ma la sentenza dell’Ordine fa capire altro: forse il verdetto sarebbe stata più grave se il giovane direttore-editore non si fosse dichiarato «disposto a mettersi in regola» e «ad accettare qualsiasi suggerimento, per scongiurare, in futuro, altre incomprensioni». Un tono diverso da quello usato nelle dichiarazioni rese a Wired. Ma tanto dalla Svizzera si può di più: ad esempio, trasformare gli aspiranti giornalisti non solo in spammer della cronaca, ma anche in pubblicitari. Infatti, proprio di recente, Blasting News, ha bandito un concorso particolare tra i blaster: scrivere articoli su un’azienda svizzera specializzata in energia elettrica. Le regole sono semplici: il dossier di Blasting deve totalizzare circa 17mila visite tra tutti gli articoli dedicati a quest’azienda. Chi ottiene più clic prende un premio aggiuntivo di 50 euro. Detto altrimenti: spammare a tutta forza.
Il meccanismo è logorante, come testimoniano alcuni post nel gruppo Facebook dei blaster: le lamentele non mancano e qualcuno ha deciso di mollare la spugna. Già: perché insistere a dedicare le proprie energie ad altri quando si può avere un proprio blog? Un risveglio salutare? Forse. Certo è che non si può parlare di innovazione nel caso di questa testata, a meno che per innovazione non si intenda la soppressione totale del lavoro umano. E forse è quello che intende Manfredi, il quale gira mezzo mondo in cerca di finanziamenti per la sua creatura. Biondino, look un po’ azzimato e sorriso smagliante, lui si ostina in due parole d’ordine bocconiane: successo e progresso. I suoi, si capisce.
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Caro Saverio, il tuo articolo mi è capitato sotto gli occhi proprio dieci minuti dopo che mi sono iscritta alla piattaforma di Blasting news per collaborare come autore online.
Ho un’esperienza ventennale di collaborazione con riviste come Chi, Panorama, Donna di Repubblica, Star tv…
Dopo anni bui, in cui ho chiuso la mia partita iva e mi sono riciclata facendo anche le pulizie, l’anno scorso ho avuto l’occasione di collaborare con Donnaspettacolo, rivista online di gossip, tv, viaggi e food. Niente compensi, ma ho imparato a usare wordpress e mi sono divertita. Il sito ha chiuso e così ero alla ricerca di altre riviste online con cui collaborare (ovviamente i miei lavori extra me li tengo) e blasting news ha risposto.
Cosa mi consigli? Grazie e scusa il disturbo.
Laura Rotatori
Cara Laura,
Intanto mille scuse per il ritardo con cui Ti rispondo. Per quel che riguarda Blasting News e altri siti simili, mi permetto di sconsigliarTi la collaborazione, per i motivi esposti nell’articolo che ha attirato la Tua attenzione.
Nei limiti in cui posso permettermelo, Ti do un consiglio: visto che hai imparato a smanettare WordPress, perché non provi a realizzare un tuo sito-blog su cui sbizzarrirTi, anziché contribuire a progetti che, francamente, non trovo granché utili?
Saverio Paletta
Blasting News lo trovo quotidianamente nel settore spam della mia posta elettronica. Non l’ho mai aperto perchè già dai titoli è sbracatamente un bollettino della destra. E dopo La Verità, Il Giornale, Libero e il Tg2 ne abbiamo a bizzeffe.
Egregio Bastiaccio,
la faccio più semplice: io credo che Blasting News sia solo un modo per drenare soldi dalle pubblicità online e che non abbia una linea giornalistica.
Le tre testate che ha menzionato sono comunque prodotti editoriali confezionati (bene o male, non importa) da professionisti, alcuni dei quali davvero bravi.
Il che non si può dire per Blasting News.
Grazie per l’attenzione,
Saverio Paletta
Come diciamo a Napoli, io “vengo dal morto”.
Ho scritto per circa 3 mesi su Blasting News e me ne sono fuggita.
Il sistema di retribuzione, se così si può chiamare, si basa sulle visite di utenti unici che vengono mostrate in una paginetta creata da loro, dove i dati potrebbero tranquillamente essere alterati e nessuno lo verrebbe mai a sapere. Poiché scrivevo meglio dei miei supervisori (incredibile ma vero), che spesso inserivano errori nei miei testi (invece di correggerli) prima di pubblicarli, passai in fretta allo status di Senior Blaster, potendo pubblicare le notizie senza passare dalla supervisione. Morale della favola, quando chiesi di avere accesso ai REALI contatori relativi ai miei articoli – e mi venne negato – tutto il gruppo si mosse contro di loro, in una specie di quasi-sciopero/ammutinamento: non avremmo scritto più niente finché non ci fosse stata chiarezza. Venni ripassata immediatamente a Junior e bannata dal gruppo della redazione (mobbing) perché “andavo contro il loro obiettivo di essere una squadra, mobilitando i blaster contro la direzione”. Quando scoprii anche che la sede era registrata a Chiasso, che Manfredi era stato rimosso dall’ordine giornalisti Lombardia e che MAI avrei potuto conseguire il tesserino a causa di tutto questo (al contrario delle loro promesse), mi incazzai ancora di più e li abbandonai, intimando di cancellare il mio account e di rimuovere i miei dati dai loro server. Ci sono riuscita e non me ne sono mai pentita, anzi.
Oggi il sito è graficamente più accattivante e molto più smart, ma sono convinta che le cose non siano cambiate affatto in questi 3 anni.
D’altro canto, ci sono continui annunci di ricerca blaster su tutte le piattaforme di lavoro… il che significa che non è proprio tutto rose e fiori.
No, vabbè… ora si spiegano tantissime cose!
Cara Simona,
Grazie per la sua testimonianza, che conferma l’idea che mi son fatta di questo tipo di iniziative editoriali e su cui ho iniziato a indagare. Credo che il caso di Blasting News non sia molto diverso da quelli di altre, spesso sedicenti, testate che praticano il dumping nell’informazione senza rispettare le regole a cui, comunque, sono costretti i giornali “normali”. La chiamano innovazione: io credo che il loro sia solo un modo di far quattrini approfittando di tutti i tipi di scorciatoie. Sono convinto che il giornale di Manfredi non sia neppure l’esempio peggiore di questo modo di agire che, nei casi peggiori, rasenta quella che è stata autorevolmente definita “economia della truffa”.
Il suo intervento dimostra che l’inchiesta de L’IndYgesto non è stata una cattiveria estemporanea ma ha dei fondamenti di verità.
Grazie ancora,
Saverio Paletta
Il punto è uno: anche per un giornalista pubblicista già in possesso del tesserino, è spesso difficilissimo trovare una testa disposta a pubblicare un suo articolo. Non parlo di guadagno (che già sarebbe buona cosa), quanto soprattutto della soddisfazione di avere un pezzo scritto con senno e passione, firmato e diffuso ai lettori. Con un blog personale le visualizzazioni massime in cui si può sperare – e quindi la sua diffusione – a meno di non essere dei blogger professionisti, ma anche qui il lavoro di spam è d’obbligo, sono davvero scarse…Blasting News – a chi già giornalista – permette perlomeno di pubblicare un pezzo o un’opinione. Certo, abbandonate la speranza di guadagnarci qualcosa… Vorrei però sapere quanti giovani freelance sono rimasti giorni ad aspettare che il giornale a cui avevano proposto il pezzo gli rispondesse…
Caro Giorgio,
In parte hai ragione. Ma solo in parte. È vero: essere pubblicati, al giorno d’oggi, è una faticaccia, anche se si è già pubblicisti perché persino il tesserino da professionista è diventato un’ingombrante patacca (a dire il vero lo era da tempo, ma oggi di più…).
Sono d’accordo con te anche su un punto: chi scrive perché vuol fare il giornalista ci mette molta passione, tutta la passione che può.
Dopodiché ti faccio una domanda: siamo sicuri che Blasting News o siti che funzionano con meccanismi simili siano la soluzione? Direi proprio di no.
Se si è bravi e appassionati occorre fare solo due cose: scommettere su iniziative valide assieme a compagni di cordata in gamba oppure mettersi in gioco da soli. E, ti posso assicurare, i risultati arrivano. Roma non fu fatta in un giorno, figuriamoci se una carriera da blogger si possa costruire in un minuto. Sei davvero convinto che farsi sfruttare in iniziative poco legittime dal punto di vista giornalistico (solo da questo, perché, credimi, non ce l’ho con Manfredi e ho tentato solo un’operazione verità) sia una soluzione? Mi permetto di risponderti che, a parità di gratuità, meglio mettersi in gioco da soli. Ci vogliono tempo, tanto, e pazienza, enorme. E occorre una umiltà di sicuro non facile per chi mira a pomparsi l’ego con una firma in calce. Soprattutto, non bisogna credere nelle scorciatoie. Tocca crederci e i risultati, prima o poi, arrivano.
Saverio