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Mare di Dirac, tra noise ed esoterismo

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Per il torinese Lorenzo Abbattoir le formule sono il pentagramma ideale per trasformare la musica in un rito spirituale

Il lato oscuro del suono. O, se si preferisce, il rifiuto totale delle convenzioni musicali. Mare di Dirac è uno dei progetti più estremi inclusi in Solchi Sperimentali Italia. L’animatore è Lorenzo Abbattoir (al secolo Lorenzo Abbà), musicista, tecnico del suono e perfomer noise. Il gruppo, ma è improprio chiamarlo così, è un terzetto dedito alla sperimentazione più totale, per ottenere la quale, si serve di tutto: strumenti etnici, vibrafoni e strumenti in legno costruiti ad hoc per ottenere effetti sonori stranianti. Ma la corsa all’estremo di Mare di Dirac non si ferma qui: anche le regole dell’armonia vengono stravolte del tutto. Di più: sono bypassate in nome di una concezione altra dell’armonia, che rimanda un po’ alla musica materica delle avanguardie novecentesche.

Ma anche questo paragone è improprio, perché la concezione musicale di Abbattoir e soci va oltre la materia: si ispira addirittura alla fisica subatomica.

La prima cosa che colpisce è il nome del progetto. C’è un perché specifico?

Ci ispiriamo alle formule del fisico Paul Dirac. I rapporti armonici e ritmici del nostro suono si rifanno alla parte matematica delle formule, la parte vocale, invece, alle lettere simboliche contenute nelle stesse.

Usate quindi le formule della fisica quantistica come se fossero un pentagramma. È esatto? E con quale scopo?

Rompere i limiti dell’espressione convenzionale. Allo stesso modo in cui la fisica quantistica supera i limiti della parte della scienza più legata alla materia.

C’è dell’esoterismo in questa concezione o sbaglio?

C’è dell’esoterismo, eccome. La nostra è anche una musica rituale, intesa non in senso religioso ma spirituale nell’accezione più ampia. E in quest’accezione sono compresi gli stimoli più vari: dal sufismo al buddismo tibetano.

Avete riferimenti precisi?

Nei lavori più recenti ci siamo ispirati alla spiritualità degli inuit, per le prossime produzioni ci dirigeremo verso il pensiero di Carlos Castaneda.

Fisica quantistica e dottrine esoteriche. Non è un po’ contraddittorio cercare di tenere assieme queste cose?

Proprio no. Ci sono, tra questi fattori, delle assonanze piuttosto esplicite: sia l’esoterismo sia la fisica subatomica hanno sovvertito da sempre, anche al di fuori di qualsiasi scopo pratico, le basi del sapere convenzionale. E non è fuori luogo notare come a volte le dottrine esoteriche hanno anticipato alcune intuizioni della scienza moderna.

Con queste premesse è logico che facciate parte a pieno titolo di Solchi Sperimentali Italia. Com’è avvenuto l’incontro con Antonello Cresti, il deus ex machina di quest’iniziativa?

Lui ha assistito alla performance di Satanismo Calibro Nove, un progetto musicale di cui faccio parte e che aveva censito nel libro Solchi Sperimentali Italia e mi ha contattato.

E qual è il contributo al progetto?

Un rituale sonoro eseguito ad hoc.

I vostri rituali sono in effetti impressionanti: usate maschere di scena e strumenti particolari.

Li ha realizzati Luca DidìDato, uno dei fondatori del Mare di Dirac, che è anche un bravissimo artigiano specializzato nella lavorazione del legno. Maschere e strumenti fanno parte a pieno titolo della nostra concezione, che non è solo musicale…

Come hai intrapreso questo percorso che ti ha portato oltre la musica?

Io ho iniziato come chitarrista black metal e ho subito per un certo periodo l’influenza della scena norvegese. Ora, questo genere è caratterizzato da un’attitudine a superare i limiti della musica convenzionale.

E non solo, visto che le cronache degli anni ’90 sono piene di episodi non proprio edificanti di cui vari protagonisti di quella scena si sono resi protagonisti…

Purtroppo sì. Ma sono i rischi che si corrono quando si tenta di andare oltre. C’è stato chi ha inteso il superamento delle regole come autorizzazione a compiere atti criminali e chi, ed è il mio caso, come stimolo creativo. Non do giudizi morali, ma mi limito a dire che le scelleratezze di alcuni individui, pochi se paragonati a una scena popolosa come quella del black norvegese, non possono servire come pretesto per squalificare un intero genere. Dei crimini e degli atti violenti si occupa la giustizia. Io penso alla musica.

(a cura di Saverio Paletta)

Per Saperne di più

http://www.dusktone.eu/portfolio/mare-di-dirac/

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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