Chris, gli anni ’80 bilingue della principessa trasgressiva del synth pop
Il secondo album di Héloise Letissier, in arte Christine And The Queens, è un doppio cd cantato in inglese e francese. Tutto nel segno degli anni ’80 danzerecci, più qualche ammiccamento trasgressivo
Parliamo di pop, ma di pop così vintage che di più non si può. Però con un pizzico di postmodernità, visto che l’artista è Héloise Letissier, francese, anzi bretone di Nantes, nota per il suo progetto a dir poco trasgressivo, che si basa sulla collaborazione di drag queens reclutati dapprima a Londa e poi un po’ ovunque.
I Christine And The Queens, dopo aver ramazzato vendite e premi in Francia grazie all’esordio Chaleur Humaine (2014), sono arrivati con Chris, pubblicato dalla anglofrancese Because, alla tappa del secondo album: due cd con gli stessi brani in doppia versione, in inglese nel primo, che si rivolge al mercato internazionale, e in francese nel secondo, rimpolpato da una bonus track.
Stavolta la cantante, che dichiara di ispirarsi a Michael Jackson, Prince e David Bowie, preme a fondo le corde della nostalgia e sforna undici brani di synth pop dall’andamento decisamente funky. Un po’ come la roba che i quarantenni di oggi ascoltavano in radio o alle feste.
Nel caso della Letissier, l’operazione ha però poco di nostalgico e molto di filologico, perché la Nostra, classe ’88, appartiene alla cosiddetta switch generation, e certe cose ha potuto apprenderle solo grazie al web e riproporle in virtù di un’opera di scavo pignola ai limiti del maniacale.
Ed ecco che Comme si, l’open track, parte con una sequenza di percussioni elettroniche che ricordano il Michael Jackson di Bad, di cui la cantante bretone ripete alla perfezione anche la vocalità tutta singhiozzi.
La successiva Girlfriend prende una direzione funky più marcata, grazie anche alla partecipazione di Dam-Funk, un esperto di prima grandezza del mondo danzereccio.
In The Walker il ritmo è più spezzato e cadenzato, l’ideale per lanciare una bella melodia in piena tradizione dream pop.
Doesen’t Matter è un altro pezzone pop con un bell’attacco percussivo che ricorda un po’ gli A-Ha di Take On Me (alzi la mano chi non li ricorda).
Tempi e armonie rarefatte per una melodia ariosa in 5 Dollars, che ammicca a Janet Jackson.
Con Goya Soda m.lle Letissier si sposta un po’: da casa Jackson alla corte di Prince, sebbene l’elettronica, non troppo amata dal Folletto di Minneapolis, continui a prevalere un po’ troppo.
L’influsso di Prince si sente anche nella minimale Damn (What Must A Woman Do), forse il brano più cervellotico dell’album.
What’s Her Face è un pezzo di grande atmosfera, in cui Christine dà un bel saggio delle sue qualità vocali, soprattutto della sua estensione, che ricorda quella di Cindy Lauper.
Atmosfere notturne nella ritmata Feel So Good, che sembra provenire da un film della serie Beverly Hills Cop.
Make Some Sense è il lento che non dovrebbe mai mancare in una festa per nostalgici degli ’80: refrain dolce ma non sdolcinato, in cui la Nostra esibisce anche dei bei falsetti, e coro tutto miele. Occhio a non allungare troppo le mani sulla malcapitata.
Gran finale con la più movimentata The Stranger, che ribadisce come per molti, a partire dalla stessa Christine, gli Ottanta siano più uno stato d’animo che un pezzo di vecchio calendario prossimo a essere consegnato alla storia.
Superflua la descrizione delle versioni in francese che rendono bene, grazie soprattutto a un songwriting efficace, che mira a salvare i contenuti poetici piuttosto che a forzare le metriche con improbabili traduzioni testuali.
Tolti gli aspetti trans e queer, con i riferimenti alle problematiche del mondo gay (che all’epoca erano appannaggio di pochi gruppi identitari, come Bronski Beat, Frankie Goes To Holliwod e Village People), trattate più dal punto di vista intimistico che militante, Chris è un viaggio a ritroso nei memorabilia e nei cliches degli anni di latta. Non è il massimo dell’originalità, intendiamoci, perché tutto, ma proprio tutto, lo abbiamo già sentito e continuiamo a sentirlo ovunque. Ma l’originalità nei revival è un optional e i Christine And The Queens suppliscono con la pignoleria.
Una buona prova per una giovane artista di valore.
Da ascoltare per ricordare quel che eravamo. Ma attenti a guardare troppo indietro: potrebbe venirvi un bel torcicollo senza che ve ne accorgiate. O quasi.
Per saperne di più:
Il sito web di Christine And The Queens
Da ascoltare (e da vedere):
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