Beast Reality, l’esordio col botto dei City Of Thieves
La band britannica si inserisce nell’hard alla Ac/Dc e nello sleaze rock con dodici canzoni fresche e aggressive
La napoletana Frontiers non si limita ad accogliere (e rilanciare con grande efficacia) le vecchie glorie del metal, melodico e non, o a gestire supergruppi.
A volte fa delle scoperte interessanti, come gli albionici City Of Thieves, forrmatisi a Londra nel 2015 come power trio, grazie all’iniziativa del bassista-cantante Jamie Lailey, del chitarrista Ben Austwick e del batterista Will Richards.
I tre sono diventati quattro, grazie all’ingresso del secondo chitarrista Adam Wardie, e hanno rilasciato di recente Beast Reality, il loro album d’esordio, per cui si sono avvalsi della coproduzione di tre mostri sacri quali Toby Jepson, Mike Fraser e Simon Francis.
Al riguardo, la critica, che si è espressa in maniera altalenante, ha notato la curiosa propensione australo-americana della band inglese, che al sound britannico preferisce gli Ac/Dc e strizza l’occhio allo sleaze di fine anni ’80.
Potenza dell’internet revival, che ha tolto spazio al grunge e risvegliato il metal: ci sta, nell’era della fibra, che un gruppo londinese suoni americano e incida a Napoli, o no?
Quanto alle critiche, di poca originalità e di scarsa personalità nel songwritng, è agevole rispondere che nell’hard rock, in cui è stato detto moltissimo, oggi è più questione di canoni che di inventiva e spesso gli artisti che sanno interpretare questi canoni con competenza e rigore sono preferibili a quelli che tentano cacciate originali a tutti i costi.
Detto questo, a una prima impressione Beast Reality non è davvero male. Dodici brani più una bonus track concepiti bene, suonati alla grande e prodotti come si deve che rievocano senz’altro i big del rock australiano ma con lo sguardo fisso sul sound contemporaneo.
Ed ecco che Reality Bites attacca con un riff squadratissimo su un mid tempo squadrato, che cita gli Ac/Dc e li arricchisce con qualche spruzzatina di Aerosmith qui e lì.
Dura e più veloce, con controtempi zeppeliniani, Fuel For Alchool è un tuffo carico di groove nei ’70 più tosti.
Buzzed Up City è un’altra ampia citazione dal repertorio dei fratelli Young, il cui influsso si nota soprattutto nelle parti soliste, essenziali e piacevolmente rozze.
Decisamente più metallara, Lay Me To Waste si snoda su un bel riffone distorto ai limiti del doom ben ricamato dalla voce rauca e catramosa di Lailey.
Control riporta il sound sulle coordinate australiane di Ac/Dc e Rose Tattoo.
Con Incinerator i City Of Thieves ritornano sul metal settantiano e stavolta il riferimento è ai Black Sabbath del dopo Volume IV.
Animal è un gradevole rock ’n roll spedito che gira attorno a una bella linea di basso su cui si innestano i riff scanzonati delle chitarre.
Right To Silence è un hard rock quadrato e orecchiabile che tuttavia concede poco all’easy listening e sembra concepito più per picchiare sul palco che per andare in radio.
Ciò non vuol dire che i Nostri rigettino l’aor. E infatti Born To Be Great sconfina non poco nel genere, grazie a un ritmo cadenzato e a un coro ruffiano, con un risultato che ricorda un po’ gli Wasp morbidi di Electric Circus.
Ma è solo uno sconfinamento, appunto, perché nella successiva Damage si sente di nuovo il groove di Angus Young e soci, riproposto, se possibile, in maniera più greve.
Altro efficace rock ’n roll nella svelta Give It Away, una canzone semplice, urlatissima e impreziosita da un assolo tiratissimo di chitarra.
Gran finale nel segno dell’aor, con la ruffiana e iperamericana Something Of Nothing, proposta in due versioni: elettrica, la canzone originale, e acustica, la bonus track.
Beast Reality è un esordio convincente, che si lascia ascoltare con piacere. Le finezze artistiche intellettuali stanno altrove, ci mancherebbe. Ma il rock esiste anche per divertire. E i City Of Thieves ce lo ricordano. Eccome.
Per saperne di più:
Il sito web dei City Of Thieves
Da ascoltare (e da vedere):
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