Dice no al gay pride. Scoppia la gazzarra su Facebook
Il sindaco di Cosenza ha negato il patrocinio alla manifestazione di orgoglio omosessuale. Esplodono le polemiche radical chic
Alla fine, la polemica, nata sui media, è degenerata su Facebook. Capita, nelle zone di provincia, ciascuna profonda a modo suo. Capita, soprattutto, nelle province calabresi, che a profondità non hanno rivali.
Tutto è partito dal mancato sostegno del Comune di Cosenza al gay pride, svoltosi nella città calabrese il primo luglio, tra l’altro senza troppi clamori: appena mille partecipanti, segno che gli attivisti gay sono una minoranza. Rumorosa, ma pur sempre minoranza (e, probabilmente, rumorosa perché minoranza).
Tutto lascia pensare che se non ci fosse stato il no del sindaco Mario Occhiuto la manifestazione sarebbe passata in secondo piano.
Tuttavia, le polemiche sono andate oltre: un ex assessore cosentino ha bisticciato con una giornalista che a due settimane di distanza dal pride (il quarto in Calabria e il primo a Cosenza), aveva continuato a pungere il primo cittadino per l’omesso patrocinio.
Ovviamente, i toni beceri della discussione hanno nascosto la vera portata del problema sollevato da Occhiuto: manifestazioni come i pride non sono necessarie per combattere le discriminazioni. Anzi, una volta sparito l’effetto novità risultano leziose come i richiami di certi liceali di sinistra agli slogan sessantottini e, spesso, controproducenti.
Il che, sia chiaro, non significa difendere Occhiuto (che può e deve essere criticato, ma nella sua qualità di amministratore dei quattrini pubblici e non per il ruolo di improbabile ideologo), ma capire che c’è dietro il suo no, visto che è stato il primo sindaco d’Italia a negare il patrocinio.
Il comunicato del Comune, al riguardo, è chiaro: nessuna discriminazione e massima disponibilità a collaborare con le associazioni omosessuali per altre iniziative. E poi il passaggio più importante: «Per rispetto alle tante perplessità rappresentateci, in tal senso, da gran parte dei tanti amici gay che vivono con serenità la propria quotidianità sessuale in una città aperta quale è Cosenza, preferiamo come Ente Locale non patrocinare l’iniziativa del Gay Pride».
Al netto della retorica (Cosenza non sarà arretratissima, ma non è neppure così aperta) e della farragine (cosa vuol dire quotidianità sessuale? Non bastava dire sessualità?), Occhiuto si è schierato con quella maggioranza silenziosa, che include anche molti omosessuali, che considera il sesso un affare privato.
Un concetto simile l’aveva espresso negli anni ’90 Giuliano Ferrara, che come intellettuale era piuttosto avanti quando l’Italia era indietro: «Il sesso non è un programma politico».
Morale della favola: la lotta alle discriminazioni, che ci sono e sono molte e gravi, non va perseguita nella sfera pubblica, dove basta una buona opera legislativa (e al riguardo l’esempio francese fa scuola), bensì in quella privata, perché è lì che si consumano gli abusi. Se le cose stanno così, sfilare mano nella mano, in look normale o en travesti, non è solo inefficace, ma rischia di diventare una carnevalata controproducente.
Essere maggioranza silenziosa non vuol dire essere retrivi. Ma, con la crisi spaventosa in atto, che impedisce il formarsi di famiglie normali (o impedisce alle suddette di tirare avanti la baracca con decoro) queste rivendicazioni di diritti possono davvero risultare fastidiose.
Non si vuole provocare nessuno, ma alcune domande sono obbligatorie: siamo sicuri che esista una comunità gay e che associazioni come Pridecs la rappresentino?
C’è da credere di no: le persone non sono solo sesso e sessualità e possono, anzi debbono, essere rappresentate sotto molti altri aspetti, più importanti della sessualità, almeno in questa delicata fase storica: ci si riferisce ai diritti sociali, che gli ultimi governi hanno tentato, spesso riuscendoci, di sforbiciare; si pensa ai diritti dei lavoratori, arrivati ai minimi termini; e non può mancare il riferimento alle famiglie etero (essere etero non vuol dire essere privilegiati), letteralmente devastate da oneri e difficoltà.
Le priorità sono altre, anche per i gay, che esistono nella società a prescindere dalle preferenze sessuali: come lavoratori, come soggetti che hanno necessità del welfare, magari come membri di una famiglia etero, in cui sono figli e fratelli di qualcuno.
Il problema è che, in una società che ha perso tutte le tradizioni, anche la sinistra tradizionale, quella che parlava alle pance e ai cuori della gente, facendo leva sui bisogni concreti e sui diritti vitali, sta scomparendo. C’è il rischio che ne prenda il posto quell’ideologia radical che si basa su una concezione distorta e in parte americanizzante delle libertà individuali e dell’eguaglianza, interpretate solo in maniera formale.
Non è un caso che, nello stesso periodo in cui si tentava di trasformare le pensioni di reversibilità per fare economia sul welfare, il Parlamento spingeva per far approvare la normativa sulle unioni civili…
Logico, allora, che in questo stato di cose la maggioranza silenziosa mastichi amaro e un politico come Occhiuto faccia il suo e cerchi di carpirne il consenso.
È una questione di umori: le minoranze organizzate e battagliere del mondo gay hanno giocato le proprie carte sugli aspetti più vistosi (e facili) dell’omosessualità. Occhiuto ha fatto altrettanto: ha capitalizzato i malumori della società, ma l’ha fatto con quel po’ d’intelligenza che basta per non passare da reazionario.
Certo, dispiace il brutto colpo di coda tra l’ex assessore e la giornalista, al quale si dedica una riflessione finale: è vero, i toni e le espressioni di panza del sanguigno ex amministratore devono essere respinti. Però è pur vero che il talento della brava giornalista è degno di miglior causa. Anche nell’interesse dei gay…
15,864 total views, 4 views today
Comments