Avanti, i socialisti alzano la testa
Il nuovo gruppo si è costituito a Roma a metà settembre. Pittella e Nannicini primi firmatari: «Il Pd deve ritrovare le radici nella nostra storia: nel Risorgimento, nella Resistenza e in una storia secolare di progressi e di riforme». La questione meridionale «è ancora aperta perché il Sud è svantaggiato»
Un simbolo glorioso, la rosa, e un nome carico di storia: Avanti! Come la celebre testata, da fine Ottocento voce dei socialisti.
La proposta è nuova: Avanti!-Laboratorio Democratico e Socialista è un nuovo gruppo, interno al Pd ma aperto alla società civile, costituitosi a Roma alla fine dell’estate.
Il nucleo fondatore del gruppo è costituito da ventidue persone, i primi firmatari sono Gianni Pittella, ex capogruppo dei socialisti europei a Strasburgo, ora senatore del Pd e ispiratore dell’associazione Labdem, e Tommaso Nannicini, economista, docente universitario, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e senatore Pd.
La dichiarazione d’intenti contenuta nel primo documento ufficiale del gruppo è inequivocabile: «Siamo socialisti europei. E italiani. Pensare senza l’Europa è per noi impossibile. Per noi l’Europa unita è il nuovo tempo di un processo storico cominciato con l’unità d’Italia, oggi tocca agli stati europei, dai confini troppo angusti per contenere le speranze dei giovani europei. Quindi l’Europa non è un’espressione geografica: è la nostra speranza, la nostra casa».
In poche parole: socialisti, orgogliosi di definirsi tali, europeisti e legati alla tradizione classica del riformismo italiano.
Infatti, ribadiscono parafrasando Croce: «Non possiamo non dirci socialisti». E ancora: «La prospettiva del socialismo democratico rimane la principale speranza laica dell’umanità». Di più: «L’idea socialista e democratica è assieme cuore e ragione, speranza cristiana e illuminismo».
Ovviamente non c’è soggetto politico senza avversari e quelli di Avanti! Ne identificano due: le destre populiste e quelle tecnocratiche ed economiche.
Riguardo alle prime: «Quando le odierne destre populiste pretendono di rappresentare il popolo, noi rispondiamo che il vero amore per i popoli e gli individui, specialmente i più poveri e i meno potenti, è fatto di tolleranza e di solidarietà, ed è sostenuto dalla ricerca e dallo studio».
Riguardo alle seconde: «Quando le odierne destre populiste pretendono di rappresentare il popolo, noi rispondiamo che il vero amore per i popoli e gli individui, specialmente i più poveri e i meno potenti, è fatto di tolleranza e di solidarietà, ed è sostenuto dalla ricerca e dallo studio».
Avanti!, fanno ancora capire i fondatori, non si propone di essere un nuovo partito, ma resta nel Pd, «perché esso costituisce l’espressione italiana nel Partito del socialismo europeo». Ma ciò, prosegue il documento, non vuol dire «ridurre il Pd di oggi alla matrice dei partiti socialista e socialdemocratico italiani, di cui molti di noi hanno fatto orgogliosamente parte», ma, più semplicemente, «Pensiamo che il Pd debba ritrovare le sue radici nella nostra storia: nel Risorgimento, nella Resistenza, e in una storia secolare di progressi e di riforme, che sono stati compiuti da grandi movimenti popolari, sindacali, dai partiti e dal Parlamento».
In parole povere, il Pd dovrebbe dire mollare le tentazioni tecnocratico-liberiste e dire qualcosa di sinistra in maniera moderna, pescando nel serbatoio della grande cultura riformista.
E, a proposito di Pd, non tutto è da buttare, anzi: «I governi dell’ultima legislatura hanno prodotto riforme nel senso della libertà e della giustizia, di cui siamo fieri».
Tuttavia, «pensiamo che il Pd debba essere un partito che rappresenta la società in modo nuovo e aperto; per questo, dobbiamo riprendere rapporti di collaborazione continua con un’area più ampia di associazioni, movimenti, sindacati».
Due sono gli asset sa cui Avanti! si propone di incidere.
Il primo: «La questione sociale rimane per noi cruciale, e su questo esercitiamo, secondo l’espressione antica e gloriosa, la nostra “critica sociale”».
Il secondo: «Rimane aperta la questione meridionale: il nostro Sud è ancora svantaggiato, anche se sembra calare il silenzio sulle politiche per il Mezzogiorno».
I venti firmatari dell’atto costitutivo sono perlopiù giovani di tutte le parti d’Italia: Roberto Nativi, Mino Carriero, Stefano Mazzetti, Filippo Benelli, Marco Gianfranceschi, Luca Cefisi, Pasquale Tortella, Emilio Dimarzio, Nicola Abbrescia, Pietro Carlomagno, Antonio Lauria, Carlo Cotticelli, Cesare Loizzo, Daniela De Rosa, Elisa Failla, Pietro Paluello, Roberto Petrassi, Mario Caramitti, Maria Grazia Troiano, Carmelo Cedrone.
Tutti i firmatari hanno significative esperienze politiche: in particolare, il calabrese Cesare Loizzo, già assessore nella sua Rende, che coordinerà il nuovo gruppo nel Profondo Sud.
Forse non tenteranno rivoluzioni (se non quella di rimettere le idee al centro della politica), anche perché da loro ci si aspettano soprattutto riforme.
Ma, riprendendo il loro simbolo, si può ripetere il vecchio adagio: se son rose fioriranno.
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