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Living The Dream, gli Uriah Heep ruggiscono ancora

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Dieci canzoni toste e brillanti nel venticinquesimo album dei grandi leoni dell’hard rock britannico che compiono quest’anno cinquant’anni di carriera

Leviamoci il cappello, sono tornati gli Uriah Heep. Leviamocelo due volte, perché sono tornati con Living The Dream, un album che definire bello non è affatto un’iperbole. Anzi, può essere davvero poco.

Sarà la testardaggine di Mick Box, lo storico chitarrista e unico membro superstite della formazione classica, che impazzava negli anni ’70, sarà che il produttore Jay Ruston ha il tocco magico alla consolle, sarà, infine che l’aria di Napoli fa bene anche ai metallari (è dal 2011 che i Nostri pubblicano per la partenopea Frontiers).

Saranno tante altre cose.

La copertina di Living The Dream

Ma resta il fatto che la band britannica è un esempio quasi unico di coerenza stilistica, a dispetto dai tantissimi cambi di formazione (quella attuale ha iniziato a stabilizzarsi negli anni ’90) e degli alti e bassi di una carriera sempre vissuta on the road con una produzione quantitativamente invidiabile: una media di un album ogni due anni, esclusi i live, in 48 anni di carriera.

Gli Uriah Heep

Da questo nuovo Living The Dream non possiamo aspettarci altro che un album Uriah Heep al cento per cento. E lo ribadisce subito Grazed By Heaven, singolo apripista e opener track: uno schiacciasassi di hard rock classico, pieno di groove e cambi di tempo, in cui la band si presenta al massimo della forma. Ottima l’interpretazione di Bernie Shaw, l’ugola canadese che ha rilevato il posto che fu del compianto Byron e di un’altra manciata di grandi vocalist senza far rimpiangere nessuno. Notevole anche la prestazione del tastierista Phil Lanzon, che ci dà dentro con l’hammond, giusto per ribadire la matrice seventies del sound.

Living The Dream parte con un coro a cappella leggermente aor ma cresce in un hard rock cadenzato a cui la chitarra carica di wha wha di Box dà il giusto tocco vintage. In gran forma anche la sezione ritmica, composta dal bassista Davey Rimmer e dal batterista Russel Gilbrook, i due membri più giovani (dal punto di vista musicale, s’intende) degli Heep.

Epica e tosta, Take My Soul sposa una melodia americaneggiante con l’approccio, nella ritmica e nel riffing, tipicamente british che da sempre è il marchio dop della band.

Sempre a proposito di epica, non è da sottovalutare la cavalcata di Knocking At My Door, in cui emerge qualche eco maideniana, anche se sarebbe giusto dire che in questo caso gli Heep si riprendono il ruolo che gli spetta di grandi influencer del metal, Iron Maiden inclusi. Bello il break a metà brano, in cui un riff di basso di Rimmer lancia il breve assolo di Box.

Gli otto minuti di Rocks In The Road aprono con un riff blueseggiante degno dei migliori Deep Purple. Purpleina anche la performance di Lanzon, che lancia l’hammond in fraseggi arabescati degni del compianto John Lord.

Waters Flowin è la classica ballad alla Heep, basata su un intreccio sapiente di suoni acustici (chitarra e piano) ed elettrici, con i synth che prendono il posto dell’organo per rendere più ariosa l’atmosfera.

It’s All Been Said è un altro brano epico e portentoso, dal riffing di chitarra e organo pesante quel che basta e dai cambi di atmosfera melodici, interpretati alla grande da Shaw, che sembra preso di peso dal classico Return To Fantasy. Fortissima la scorribanda di Lanzon all’hammond e bello l’assolo di Box, che evita i virtuosismi facili e si abbandona al lirismo.

Goodbye To Innocence è un hard rock tirato e veloce dove ritornano gli echi dei Purple, di cui gli Heep dei primi ’70 erano considerati dai critici a volte rivali e a volte, con ingiustificata cattiveria, imitatori o fratelli minori.

Falling Under Your Spell è ancora più heavy, grazie alla ritmica martellante, ma i flash epico-melodici sono quelli tipici della band.

Chiude l’album Dreams Of Yesterday, una suite complessa che ricorda le pièce degli anni d’oro (alla July Morning, per capirci), ma senza le dilatazioni strumentali tipiche dell’epoca e con una prestazione d’assieme più compatta.

Seguono due bonus track: le versioni alternative di Grazed By Heaven, introdotta da un attacco di organo e dal sound più pesante, e di Take Away My Soul, dal sound più heavy e un po’ più veloce.

Gli Uriah Heep dal vivo

Verrebbe voglia di dire bentornati. Ma in realtà gli Uriah Heep non se ne sono mai andati: tra un tour e un album, hanno continuato a picchiare imperterriti, indifferenti alle mode e tetragoni alle cattiverie del tempo (e alle tragedie, che si sono portati via alcuni membri storici, come il mitico David Byron e il grande Trevor Bolder).

Già: loro, Box in testa, non sono dei sopravvissuti ma dei candidati all’immortalità. E c’è da scommettere che Living The Dream influenzerà qualche rockettaro in erba di oggi come i loro classici fecero con i rockettari di ieri, alcuni dei quali sono diventati star di prima grandezza.

L’augurio è che Uriah Heep possano continuare a vivere il loro sogno. E a farcelo godere il più a lungo possibile.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale degli Uriah Heep

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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