James Bay non è più intimista ma fa il fighetto
Electric Light, uscito a due anni di distanza dal successo mondiale di Chaos and the Calm, spopola nelle classifiche. Il cantautore britannico cambia formula e look per far breccia tra i millennials
Niente più cappello, capelli lunghi e chitarra a tracolla. La copertina di Electric Light, uscito di recente per Republic Lust, ci restituisce un fighetto con hairlook alla moda, sguardo intenso e aria sognante scolpita sul viso un po’ emaciato.
James Bay è tornato dopo due anni di pausa dopo il successo mondiale di Chaos and the Calm e propone agli ascoltatori quattordici brani oscillanti tra il pop rock e le atmosfere intimistiche che lo hanno reso celebre, più qualche spruzzatina di giovanilismo per piacere di più alle platee dei millennials che lo hanno seguito fedelmente e ne hanno premiato anche l’astuta strategia di marketing con cui si è riproposto: vari clip con i trailers in studio postati su Youtube a fine 2017 e poi l’anticipazione del singolo Wild Love.
Il resto è cronaca: tutti gli estratti hanno spopolato e l’album, grazie anche al suo marcato appeal radiofonico, fa cassetta alla grande.
Sì, Electric Light è un album piacione, a tratti ruffiano che centra bene il bersaglio. Resta da chiedersi solo se l’abbandono parziale dell’approccio intimista sia stata la cosa giusta e Bay sia riuscito comunque a mantenere lo spessore artistico che lo ha lanciato.
Allora, c’è una breve Intro, interpretata da Nick Selting e Ashley Jones (per capirci, la Bridgette Forrester di Beautiful…) per ricordarci che quest’album è anche un po’ concept e parla di sentimenti e si parte con la funkeggiante Wasted On Each Other.
L’impatto non è male: il brano attacca con un riff di chitarra rockeggiante e si muove su un tempo cadenzato e ballabile. Buona l’interpretazione del Nostro, che dà fondo alle sue risorse timbriche e si produce in una bella serie di falsetti.
I riferimenti agli anni ’80 si sprecano. E ritornano nella seguente Pink Lemonade, che riprende lo stesso schema: attacco forte di chitarra e via col ballo, solo che stavolta la direzione musicale è pop rock, impreziosita da qualche vaga citazione new wave nel refrain.
Il già citato Wild Love, che continua a spopolare nei media mainstream, è un altro ruffianissimo tuffo negli anni ’80: sonorità morbide, ritmica campionata e synth analogici. Basta chiudere gli occhi e ci si ritrova nel mezzo di qualche festa dell’adolescenza che fu.
In Us James Bay riprende l’attitudine intimista e la declina in un’efficace atmosfera soul, suadente ma non sdolcinata.
In My Head, altro ruffianissimo hit, Bay si gioca le carte del gospel con un coro trascinantissimo.
Giusto il minuto di Interlude, con un’altra chiacchieratina tra Selting e la Jones, e si riparte col ritmato pop rock di Just For Tonight, che fa leva su un giro semplice ed efficace di chitarra acustica.
Wanderlust, giocata su atmosfere più minimali e su un basso ipnotico, è un altro tuffo negli anni ’80.
Le tentazioni soul riemergono di prepotenza in I Found You, che risulta il brano più sperimentale dell’album grazie a un uso intelligente dell’elettronica e dei campionamenti.
Sugar Drunk High è un altro esempio di pop rock danzereccio ed elegante. Un brano da club notturno, ritmato quel che basta per tentare ma non invadente.
Intimismo a gogò in Stand Up, che parte in maniera minimale e si sviluppa su un tappeto di violini ed elettronica con qualche sonorità più rock nel crescendo.
Un altro accenno al funky danzereccio in Fade Out, in cui i falsetti del Nostro giocano sui morbidi riff di chitarra e sui tappeti elettronici un po’ vintage delle tastiere.
Slide chiude l’album in maniera che più intimista e minimale non si può: solo il pianoforte accompagna i falsetti di Bay, che per l’occasione tira fuori pure qualche vocalizzo da crooner.
Inutile commentare oltre: Electric Light è una raccolta riuscita, che media bene tra le esigenze commerciali discografiche e quelle dell’espressione artistica. Le emozioni forti e le innovazioni stanno altrove, ci mancherebbe. Ma colpire e rivoluzionare non rientrano nella mission dell’artista britannico, che semmai ragiona in termini di efficacia. E c’è da dire che l’album funziona e risulta bilanciato tra le tentazioni nostalgiche rivolte agli ’80 e le esigenze della club culture contemporanea.
Non c’è quindi da meravigliarsi del successo di Bay, che riesce comunque a tenere un bel livello espressivo, perché c’è sempre una differenza tra il vendere e lo svendersi. E questo il giovane intimista britannico l’ha capito benissimo.
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale di James Bay
Da ascoltare (e da vedere):
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