Oltre me non esisto, l’autobiografia pop di Nestore Verre
L’album del cantautore cosentino canzone per canzone. Un viaggio in un universo musicale denso di citazioni mainstream e non solo
Un po’ di cifre secche per iniziare.
Due, il numero degli anni da cui è disponibile Oltre me non esisto (Edizioni e Produzioni i Nomadi, 2016) il secondo album del cantautore cosentino Nestore Verre.
Tre, il numero dei singoli tratti dall’album, che ha goduto di una buona diffusione, grazie al sostegno delle radio e a un’intensa attività dal vivo.
Per capire quanto piaccia il cantautore basta dare un’occhiata alle visualizzazioni ottenute da Oltre la realtà, In bilico e Olttr3.
Qual è la ricetta che, in poco più di dieci anni di attività ha consentito a Verre di fare comparsate in Rai assieme a big di prima grandezza del pop tricolore e di fare da spalla all’Orchestra Italiana di Renzo Arbore e ai Nomadi? In apparenza non c’è nessun trucco: l’artista calabrese propone un pop-rock semplice, fresco e immediato.
Ma è proprio questa semplicità l’arma vincente. Infatti, quando si mira al mainstream in maniera esplicita, come nel caso di Verre, il rischio di prendere scivoloni (cioè di scadere nel trash o in ammiccamenti alla neomelodica più becera) è piuttosto elevato.
Per fortuna Nestore Verre lo scansa alla grande e Oltre me non esisto è un valido esempio di pop tricolore, di forte presa verso le platee adolescenzial-giovanili – a cui si rivolge la proposta del cantautore cosentino – ma concepito bene e arrangiato meglio, perciò in grado di ottenere qualche consenso tra gli addetti ai lavori e presso il pubblico un po’ più smaliziato. Sì, è pop. Ma pop, fino a prova contraria, non è una parolaccia.
Ed ecco che Oltre la realtà apre l’album con un refrain un po’ americaneggiante che strizza l’occhio agli anni ’80 (avete presenti i Survivor più pop o alcune cose della colonna sonora di Flashdance?) e con un testo che ricorda i Pooh più recenti o, meglio, quel che ne resta.
Ancora più rock Irragiungibile, in cui la chitarra di Max Mungari (musicista tuttofare dell’album, in cui suona tutto tranne la batteria) si concede un assolo semplice ma efficace.
In Gli angeli emerge la vena più melodica di Verre, che consegna agli ascoltatori un lento che ricorda certe feste di compleanno o alcune sere d’estate. La strizzatina d’occhio, in questo caso, è a certe cose del Nek prima maniera.
La title track è un pop rock caratterizzato da una struttura in crescendo che ricorda un po’ il Tiziano Ferro più rock.
Più varia, In Bilico si snoda tra cambi di atmosfera (notevole il contrasto tra l’arpeggio di pianoforte e il riff di chitarra nell’attacco del brano) e di tempi. Se si vuole qualche paragone, non è fuori luogo il riferimento ai Negramaro.
L’eterno ha il tuo odore è un altro lento sognante pieno di atmosfera, degno dei juke box estivi di qualche anno fa.
Voglio lei è un altro bel tuffo in certo pop rock anni ’80: gli amanti di certo vintage patinato non faticheranno a riconoscevi la eco della Steve Rogers Band di Alzati la gonna (per capirci, quella senza Vasco), grazie anche a un testo che definire ammiccante è davvero poco.
Un’altra, efficace strizzatina d’occhio a Tiziano Ferro in Sto precipitando e Verre spinge il pedale sull’aspetto più melodico. Ed ecco che Il mio ritorno all’inferno, lenta e con un crescendo leggero e un coro un po’ soul, è un pop ruffiano air oriented.
Di nuovo pop rock in Blu cobalto, che esibisce un gran tiro funky e suoni un po’ più duri rispetto al resto del cd.
Chiude l’album Oltr3, una ballad elettroacustica ben arrangiata dal chitarrista cosentino Massimo Garritano.
Concludiamo con le cifre iniziali: a due anni dall’uscita, Oltre me non esisto regge bene l’ascolto. È chiaro che gli amanti della sperimentazione e dei suoni estremi continueranno a rivolgersi altrove. Così come gli appassionati delle sonorità più sofisticate ignoreranno ancora Verre.
Ma per gli altri, per quelli che cercano ancora nelle radio e sulle piattaforme streaming i loro idoli, il cantautore calabrese può essere un buon riferimento. Forse perché fare del buon pop in mezzo a tanto ciarpame resta difficile, se non una delle cose più difficili.
Nestore Verre è riuscito a distinguersi bene: pop, per lui, non è una parolaccia ma un’aspirazione. E allora vale la pena ascoltarlo, anche per scordarci del tempo che passa e ricordare l’adolescente, un po’ Peter Pan e un po’ Tom Sawyer, che sonnecchia in noi e non si è addormentato del tutto.
Da ascoltare (e da vedere):
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