Massoneria, l’Antimafia ordina: fuori gli elenchi!
Alla fine nessuno dei gran maestri interpellati ha consegnato le liste degli iscritti e la Bindi ha ordinato il sequestro dei documenti. Intanto, si prepara un altro, pesante giro di vite per i liberi muratori: Mattiello e Fava vorrebbero vietare agli alti funzionari dello Stato di far parte delle Logge, pena la galera. Giustizia è fatta? Forse no. Ma la discriminazione è sicura…
E così il dramma, più annunciato che recitato, si è trasformato in farsa: dopo sentito, nella seconda metà di gennaio, i gran maestri di altrettante obbedienze massoniche, la Commissione parlamentare antimafia, presieduta dalla deputata del Pd Rosy Bindi, ha ordinato il sequestro delle liste degli iscritti al Goi, alla Gran Loggia d’Italia degli Alam, alla Gran Loggia Regolare d’Italia e alla Serenissima Gran Loggia d’Italia.
Dei sequestri dovrà occuparsi lo Scico della Guardia di Finanza di Roma. Ai maligni potrebbe scappare subito la battutina: come si metterebbe la situazione se tra i grembiulini ci fosse pure qualche finanziere (ipotesi tutt’altro che remota e che in passato si è verificata)?
La domanda non è mal posta, visto che anche quest’inchiesta della Commissione antimafia si riallaccia ai filoni calabrese e siciliano (cioè l’inchiesta Mammasantissima della Dda di Reggio Calabria e le indagini avviate dalla Procura di Palermo sulle presunte infiltrazioni mafiose nelle logge di Castelvetrano, la patria del superlatitante Matteo Messina Denaro), risveglia la vecchia dietrologia sulla massomafia e solleva non pochi dubbi sulla libertà d’associazione.
La Bindi ha ordinato i sequestri dopo che Stefano Bisi e Antonio Binni, gran maestri, rispettivamente, del Goi e degli Alam, si erano rifiutati di consegnare gli elenchi (e puntualmente non lo hanno fatto) e dopo che, invece, Fabio Venzi e Massimo Criscuoli Tortora, gran maestri della Gran Loggia Regolare e della Serenissima, si erano dichiarati disposti a consegnare (e non l’hanno fatto).
Nel mirino ci sono soprattutto i massoni calabresi e siciliani, le cui liste sono state richieste in via prioritaria. Poi tutti gli altri, ché non si sa mai…
Il problema, a questo punto, però si dilata e per capirne la portata occorre rispondere a una domanda banale: non basta la magistratura, ordinaria e antimafia, per far luce sui rapporti proibiti tra logge e coppole? Per meglio specificare: è proprio necessario l’intervento di un organismo politico, quale è e resta una Commissione parlamentare, in vicende penali le cui responsabilità sono comunque individuali?
La risposta non è semplice, anche se due esponenti del centrosinistra gettano lumi sui motivi di tanto impegno.
Sono il membro della Commissione antimafia in quota Pd Davide Mattiello e Claudio Fava, vicepresidente della medesima Commissione in quota Sel. Entrambi mirano a modificare la legge Anselmi, creata in seguito allo scandalo P2 e che mette fuori legge le associazioni segrete. Le modifiche proposte non sono leggerissime: è previsto il divieto per i vertici del pubblico impiego (magistrati, ufficiali e dirigenti delle Forze Armate e della Pa ecc), di partecipare ad associazioni caratterizzate da una struttura gerarchica e da un vincolo solidaristico forti. Chi venisse beccato a far parte di un’associazione segreta o a fare proselitismo in favore di questa rischierebbe dai tre ai sette anni.
Chiarezza sarebbe fatta? Proprio no. C’è il rischio che questa normativa si risolva in una censura antimassonica, visto che in questo momento storico le logge sono di nuovo sotto mira. Se invece questa legge non prendesse di mira solo le logge, il problema sarebbe diverso e riguarderebbe i limiti della libertà di associazione. Infatti, la massoneria è in buona compagnia per quel che riguarda i vincoli solidaristici e gerarchici: gruppi ecclesiali e associazioni religiose innanzitutto. E allora, se le cose stanno così, non sarebbe più facile limitare la libertà di associazione di chi, per dovere, ufficio e responsabilità è tenuto solo a servire lo Stato? Certo, si potrebbe obiettare che così si reintrodurrebbe un uso fascista, cioè il famigerato giuramento di fedeltà.
Ma tra questo rimedio e la discriminazione, sebbene larvata, non si sa cosa sia peggio. Forse la massoneria si è fatta il classico autogol, non rispettando appieno l’impegno di far chiarezza tra le sue file. Ma certo è che il rimedio rischia di essere peggio del male, perché a complicare le cose la politica ha un talento tutto suo, da far passare un massone consumato per un novizio…
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