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Barocco, elettronica e un po’ di Morricone

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Dalla classica al rock, il percorso artistico “totale” e colto del compositore napoletano Carlo Mormile

Classe ’64, napoletano doc, Carlo Mormile, pianista, direttore di coro e compositore, è il più classico tra gli artisti che partecipano a Solchi Sperimentali Italia, il doppio dvd prodotto dal critico fiorentino Antonello Cresti. Di sicuro a lui, che vanta un curriculum chilometrico e prestigioso, l’etichetta underground si adatta male a meno di volerla intendere nel senso vago e riduttivo di non mainstream.

Molto meglio l’aggettivo sperimentale, che è poi ciò che deve fare un professionista della musica a trecentosessanta gradi. Soprattutto un compositore, visto che oggi tutto è stato scritto, detto e suonato e i canoni offrono poco, a meno che non li si forzi, per esprimere qualcosa di nuovo o, almeno, di originale.

Allievo di Bruno Mazzotta e Franco Donantoni, Mormile si è formato all’Accademia nazionale di Santa Cecilia di Roma e all’Accademia Chigiana di Siena. Poi ha studiato informatica musicale con Jean-Baptiste Barriere e musica da film con Ennio Morricone. In più, come borsista Siae, ha studiato musica e immagine con Carlo Savina. Come compositore, il Nostro si è tolte molte soddisfazioni: i suoi brani sono stati eseguiti da artisti del calibro di Bruno Canino, Myriam Dal Don, Tiziana Scandaletti, Michele Lo Muto, Giorgio Magnanesi, Giuseppe Scotese, Daniela Del Monaco e Stefania Rinaldi. Fin qui i solisti.

Anche il parterre di ensemble dedicatisi alle composizioni di Mormile è denso: menzioniamo Nuove Sincronie, Ensemble Octandre, I Solisti del San Carlo, Orchestra Alma Mahler Sinfonietta, I Piccoli Musicisti, Orchestra Collegium Philarmonicum.

Il compositore partenopeo non si è privato neppure di contatti con il mainstream, quello più colto si capisce, visto che alcuni brani sono stati trasmessi in Rai.

Non solo musica, ma anche teatro: Mormile ha collaborato con numerosi artisti di prosa, tra cui Mariano Rigillo, Antonio Casagrande, Peppe Barra, Mariano Bauduin, Cloris Brosca e Maria Rosaria De Cicco.

Non finisce qui: «Le mie influenze musicali», dice schernendosi, «spaziano fino al rock». Infatti ha arrangiato il cd, prossimo all’uscita, del compositore rock Nello Roccasalva, in cui ha eseguito anche le parti soliste di pianoforte e tastiera.

Il tutto da conciliare con la cattedra di direzione di coro e composizione corale presso il Conservatorio.

Con questo popò di curriculum, definire eclettico l’artista napoletano è il minimo. E da questa poliedricità alla sperimentazione il passo è breve…

Ti sei occupato anche di poesia nel tuo ultimo cd.

Non io, per carità. Il cd La Nascita, eseguito dall’orchestra Collegium Philarmonicum è nato da una collaborazione con la giornalista Rai Luigia Sorrentino, che è titolare di un importante blog dedicato alla poesia contemporanea. Io ho composto le musiche che accompagnano i versi.

Sei stato anche allievo di Ennio Morricone. Com’è stata quest’esperienza?

Allievo? È una parola grossa. Certo, ho seguito un corso tenuto da lui da cui ho imparato tantissimo. Credo che per un compositore misurarsi con la dimensione delle colonne sonore sia quasi un obbligo. Devo ricordare, comunque, una piccola soddisfazione professionale: Morricone ha caldeggiato un mio brano, I remember rag, inserito in una compilation della rivista Konsequenz.

E non è poco. Il fatto che ti sia occupato anche di rag time, dilata e complica un po’ il quadro dei tuoi interessi musicali. Al punto che definire la tua produzione non è facilissimo.

La mia musica, infatti, è borderline. Mi nutro di tutto e cerco di restituire un prodotto completo al pubblico.

Quindi definirti uno sperimentatore è quasi un obbligo.

Ma no. Nessuno è obbligato a niente. Semmai sperimentare è quasi una necessità. Poi, è chiaro, occorre intendersi sul concetto di sperimentazione. Se per sperimentare si intende tentare a tutti i costi qualcosa al di fuori delle regole e del consueto, io non sperimento un bel niente. Se, invece, si intende cercare una strada originale e una via personale, io sperimento molto. Credo che sperimentare sia quasi un obbligo, soprattutto ora che i generi sono un po’ esauriti, per un compositore. È possibile fare una bella carriera anche percorrendo strade già battute, ci mancherebbe. Ma occorre farlo a modo proprio. Ecco, la sperimentazione, come si dice spesso, non sta in quel che si fa ma in come lo si fa.

A proposito di sperimentazione: anche tu partecipi a Solchi Sperimentali Italia. Com’è nato il sodalizio con Cresti?

Lui venne a Napoli a presentare il suo libro che, guarda caso, si intitola Solchi Sperimentali Italia. La presentazione fu organizzata dal Gruppo Kosequenz, a cui io appartengo e che si ispira alla rivista Konsequenz, dedicata alle musiche contemporanee e diretta dal musicista e critico Girolamo De Simone, che tra l’altro è pure una firma del Manifesto. Io e Cresti ci siamo conosciuti in quell’occasione e da lì è nata la collaborazione. Partecipo a Ssi con un breve contribuito che include anche un’autointervista.

Avendoci partecipato, va da sé che il tuo giudizio sia positivo.

Lo è a prescindere dalla mia partecipazione, visto che l’iniziativa di Antonello offre un’importante possibilità di emergere nei confronti di un pubblico più vasto a una parte non secondaria della scena non mainstream, che dispone di mezzi e possibilità minori.

A proposito di scena musicale, com’è la situazione di Napoli?

Grosso modo ci sono due filoni: uno più moderno, che ruota attorno ai circoli culturali, e quello di tradizione, confluito nella scena neomelodica. Per quelli come me, che tentano di trovare forme originali e proprie, gli spazi non sono tantissimi. Dobbiamo sudarceli centimetro per centimetro.

Però nel settore colto sei riuscito a ottenere risultati importanti. Ti sei occupato anche di musica barocca.

Se ti riferisci alla Cantata delle tre dee sull’Ida di Domenico Sarro, io la definirei un’opera di restauro. Su incarico del Conservatorio di San Pietro a Maiella, ho rimodernato le partiture e, grazie a questo lavoro, è stata possibile la prima esecuzione moderna di quest’opera, avvenuta nel 2001 al San Carlo. Che dire? Anche queste operazioni filologiche sono importanti per un musicista: servono per aiutarci a capire da dove veniamo. E non mi pare poco, in un’epoca in cui c’è un forte oblio della memoria storica.

(a cura di Saverio Paletta)

 

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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