Ora della Calabria, un colpo di scena "annunciato"
Parla il perito della tipografia: mi hanno fatto compilare una relazione falsa
Altra udienza, altro nodo al pettine. Lo hanno riportato i siti Giornalisti Italia e Giornalisti Calabria nel commentare l’ultima udienza del processo sul caso dell’Oragate, in cui è alla sbarra lo stampatore cosentino, ex presidente di Confindustria Calabria e di Fincalabra Umberto De Rose, accusato di tentata violenza privata.
Un rapido refresh sulla vicenda per chiarire il quadro: De Rose, nella notte tra il 18 e il 19 febbraio 2014 avrebbe, secondo l’accusa, tentato alcune pressioni sull’editore Alfredo Citrigno perché il quotidiano L’Ora della Calabria non pubblicasse la notizia ritenuta scomoda, sull’inchiesta che riguardava Andrea Gentile, il figlio del senatore Antonio Gentile, allora prossimo all’ingresso nel governo Renzi.
Alle pressioni seguì la non uscita del giornale in edicola, motivato da De Rose con un guasto alle rotative della propria tipografia. Questa tesi è stata sostenuta dalla difesa fino al 16 gennaio scorso, quando Davide Maxwell, tecnico esperto nella manutenzione degli strumenti tipografici, ha dichiarato in aula di aver stilato un rapporto non veritiero sul malfunzionamento delle rotative.
Risultato: udienza sospesa fino al 3 marzo, quando Maxwell dovrà ripresentarsi in aula assistito da un avvocato, perché la sua dichiarazione, gravissima, rischia di fargli passare un bel guaio: «Mi chiesero di fare un rapporto dove ho attestato che la macchina non funzionava. Si può dire che ho stilato un rapporto falso».
Un colpo di scena, come ha riportato Giornalisti Italia? Proprio no. La Procura della repubblica di Cosenza non appena aprì l’inchiesta ordinò una perizia sulle macchine della tipografia De Rose, che attestava, invece, il funzionamento della strumentazione.
Perciò la dichiarazione di Maxwell è stata praticamente obbligata: meglio ammettere la non regolarità del proprio operato anziché ingaggiare una battaglia con il perito dell’accusa.
Si può parlare di colpo di scena, semmai, per quel che riguarda la difesa, che perde un altro pezzo. Infatti, che ci fosse una perizia ordinata dagli inquirenti e che da questa perizia fosse risultato che le macchine funzionavano si sapeva già.
Non si sapeva, invece, che la tipografia fosse corsa ai ripari con una propria perizia. Va da sé che ciò potrebbe complicare non poco la posizione di De Rose, se venissero confermate le ipotesi della Procura. Ovviamente non è questa la sede per trarre conclusioni che non ci spettano. Perciò ci fermiamo qui.
Giusto due considerazioni, in attesa dell’udienza del 3 marzo.
La prima: De Rose è rimasto l’unico imputato nello scandalo che travolse nel 2017 il senatore Gentile. Prosciolto nell’istruttoria che lo riguardava e di cui non si doveva dare notizia, l’avvocato Andrea Gentile è risultato estraneo anche all’inchiesta sull’Ora della Calabria. Di più: anche la parte civile si è ridotta al solo Luciano Regolo, ex direttore del quotidiano tuttora in fase di liquidazione. L’altra parte lesa, cioè l’editore Alfredo Citrigno, non si è costituita parte civile.
E qui arriviamo alla seconda considerazione: l’Oragate, che non è l’unico strascico giudiziario legato alla storia di questo quotidiano che ha avuto un peso forte nelle vicende calabresi, fu lo scandalo del 2014. Già: la storia dell’editoria italiana è piena di notizie censurate dalle redazioni, ma il caso di un giornale bloccato in tipografia (come sinora asserisce l’accusa) per impedire la divulgazione di una notizia è un caso quasi unico. Dietro il quale ci sono aspetti irrisolti.
Infatti, la notizia su Andrea Gentile era già stata divulgata la mattina del 18 gennaio 2014 dall’edizione online del Corriere della Calabria. Ventiquattro ore prima della mancata uscita dell’Ora. Quindi la vicenda non era sconosciuta né si può minimizzare, come tentò di fare De Rose nella celebre telefonata a Citrigno: «Ma chillu è nu giurnale online, Alfre’». Resta da capire il perché di tanto interessamento alla carta stampata, al quale la famiglia Gentile è risultata estranea secondo gli stessi inquirenti.
Ma questo aspetto supera la vicenda travagliata dell’Ora della Calabria e potrebbe stimolare più di un interrogativo sulla tenuta dell’editoria calabrese in una realtà difficile. A cui di sicuro un Tribunale non può dare risposte.
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