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Millennials: i segreti della scalata dei The Snuts, dalla Scozia profonda all’alta classifica Uk

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Indie rock, brit pop più tanta nostalgia degli anni’80 nell’ultimo album della band partita da Whitburn che ha conquistato la Gran Bretagna

Dalla Scozia profonda al cuore del Regno Unito. Preceduto da cinque singoli, Millennials (Happy Artist 2024), terzo album in studio dei The Snuts, ha subito sfondato le classifiche che stanno più a cuore al quartetto di Whitburn: quella scozzese (primo) e quella britannica (secondo).

Un risultato in linea con le precedenti performance, tutte da alta classifica nazionale, della band. Segno che il particolare indie rock degli scozzesi tira parecchio, soprattutto con i millennials e, forse, ancor più con la generazione z.

Per capirci spopola presso quei ragazzi che si nutrono essenzialmente di musica derivativa, come quasi tutta la scena indie. E non è un caso, forse, che tra le massime influenze dei The Snuts figurino gli Arctic Monkeys e The Libertines.

Squadra vincente non si cambia. Restano ai loro posti il cantante chitarrista Jack Cochrane, il chitarrista Joe McGillveray, il bassista Callum 29 Wilson e il batterista Jordan Joko Mackay.

Un’immagine recente dei The Snuts

La proposta musicale si basa sul consueto indie rock. Segno senz’altro di coerenza, ma anche del fatto che forse i tempi non sono maturi per prendere altre strade. Ciò non toglie che i The Snuts non tentino qualche evoluzione sonora: meno impatto delle chitarre e arrangiamenti più morbidi, ben curati dalla produzione di Scotty Anderson.

Dieci hits su misura dei Millennials

Fresca, immediata e ben accompagnata dal riff arpeggiato della chitarra jangle che si appoggia su un bel giro di basso e un soffice tappeto di archi, l’open track e primo singolo Gloria accompagna da subito l’ascoltatore in sognanti atmosfere anni ’80.

Sempre scanzonato, ma con le chitarre in minore evidenza, l’altro singolo Millionaires si segnala per un bel coro pop, da godersi in radio o da cantare in concerto appresso alla band.

Più allegra e riempita di elettronica a tutta forza, Yoyo si segnala per i controtempi della batteria e i coretti da stadio.

L’orecchiabilissima Npc, uscita anch’essa come singolo, ha il punto di forza in un ritornello ruffianissimo innestato su una chitarra un po’ incazzata che si inchioda in testa per restarci.

Cosa curiosa, invece, la sognante (e nostalgica con garbo degli anni ’80) Butterside Down non è (ancora?) uscita come singolo, sebbene ne abbia tutte le caratteristiche: orecchiabilità, ritmo quanto basta e melodia ariosa.

La copertina di Millennials

La veloce Novastar è il brano più tosto e rock dell’album: poco meno di tre minuti a tutto ritmo arricchiti da un riff tosto e da un giro di basso duretto (decisamente, per gli standard dei The Snuts). Efficace anche il refrain a filastrocca.

Dolce e leggero, il singolo Dreams si colloca a cavallo tra il brit pop anni ’90 e le suggestioni cinematiche o televisive (per capirci, sembra la sigla dei titoli di coda di un film o di una fiction di successo).

Torna di nuovo la lezione degli anni ’80 nella leggera e gradevole Wunderkind, elettronica quel che basta ma senza snaturarsi. Nostalgia con classe: un fatto notevole in chi quegli anni non li ha praticamente vissuti.

Sempre anni ’80 l’arrangiamento e il refrain di Deep Diving, al momento l’ultimo singolo in scaletta, che non si limita all’orecchiabilità ma è il pezzo più danzereccio dell’album.

La ballad un po’ acustica e intimista non poteva mancare in un album così. Infatti, provvede la conclusiva Circles con la sua melodia morbidosa e gli archi sofficissimi in bello spolvero.

The Snuts: i perché di un (meritato) successo

Prendere atto delle affermazioni in classifica di band come The Snuts nel loro Paese e paragonarle a quel che succede in Italia è tutt’altro che confortante.

Lì si può continuare a creare rock con una certa spontaneità (senza sembrare i Maneskin, insomma) e si sfondano le classifiche.  Qui si è costretti a competere (altro lascito di una certa nostra subcultura centralista ed ex statalista) con i pupilli di alcuni management, magari coccolati da alcune lobby.

The Snuts in azione sul palco

Al netto di questi paragoni ingenerosi e non sempre belli (e forse non sempre corretti) il successo di gruppi come The Snuts può essere una specie di termometro: ci informa sulle preferenze delle generazioni dei figli (o dei nipoti) di chi fino a uno ieri non lontano ascoltava rock o pop e oggi è considerato boomer.

Iperderivativi e poco originali, i quattro scozzesi hanno comunque un pregio raro: fanno bene quel che fanno. E per questo meritano. Ce ne fossero di derivativi come loro.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei The Snuts

La fanpage dei The Snuts

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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