Sospeso? Proprio no: Omar Pedrini vince la battaglia del cuore
Reduce da quattro interventi delicati, il rocker bresciano ritorna con dieci brani ruggenti, «nove canzoni e un’Ave Maria», sospese tra fremiti ambientalisti e riflessioni esistenziali
Stare male ad alcuni porta bene. Ciò vale (lo diciamo con tutto il rispetto possibile) anche per Omar Pedrini, tornato alla ribalta discografica con Sospeso (Virgin 2023), uscito alle porte dell’estate appena trascorsa.
Com’è noto, l’ex frontman dei Timoria ha composto l’album tra la Toscana e Brescia durante la lunga convalescenza da pesantissimi problemi cardiaci, per i quali ha subito quattro interventi negli ultimi diciotto mesi.
Inoltre, Sospeso interrompe un silenzio di sei anni, tanti ne sono trascorsi dal precedente Come se non ci fosse un domani (Warner Music Italia 2017).
In questi casi, è lecito chiedersi: quanta sostanza c’è dietro battage come quello che ha accompagnato il ritorno di Pedrini?
La risposta non è facilissima.
Omar Pedrini a tutto rock
A livello musicale Sospeso non ha alcun problema. Anzi: è un disco validissimo, grintoso e fresco come non sono capaci di produrne artisti più giovani.
Dieci canzoni dai suoni robusti e dagli arrangiamenti compatti che scorrono piacevolmente. Molta cura e pochi fronzoli, come rock comanda.
Qualcosa da ridire ci sarebbe sui contenuti, che oscillano tra un certo esistenzialismo un po’ da boomer (Dolce Maria) e la ricerca dell’impegno a tutti i costi (La giusta guerra e Diluvio universale). Quanta sincerità c’è dietro certe “riscoperte” della religiosità e certe prese di posizione ambientaliste?
Di sicuro in questa posizione post ideologica ha un peso l’esigenza di cercarsi un pubblico di riferimento (sei anni di assenza non sono proprio pochini…).
Ma concentriamoci sulla musica. O per dirla con Pedrini sulle «nove canzoni e un’Ave Maria» che compongono Sospeso.
Nove canzoni e un’Ave Maria
L’open track, Dolce Maria, è una specie di preghiera laica, in cui la ricerca della dimensione religiosa diventa la classica ricerca di risposte esistenziali. Banale, ma comprensibilissima nelle persone di mezza età sopravvissute a gravissimi guai (certo, la profondità della conversione di Lindo Ferretti è un’altra cosa…).
La musica è un’altra cosa: un post punk tiratissimo con la chitarra in gran spolvero e un bel coro arioso.
La giusta guerra è una bella ballad dal crescendo potente che strizza un po’ l’occhio agli anni ’70, con tanto di citazione dei Pink Floyd nel bridge. Il tema oscilla tra l’esistenziale e l’ambientalismo. Certo, un verso come «combatti per la Terra/è l’unica giusta guerra», non è il massimo dell’originalità e, a dirla tutta, sa tanto di slogan ruffiano.
Diluvio Universale, il singolo apripista, è diventato un po’ l’inno dei volontari durante la recente alluvione dell’Emilia Romagna. È un anthem dalle sonorità hard e dal ritmo cadenzato con citazioni funky.
A livello musicale, nulla da ridire. Ma non convincono certe citazioni passatiste («Le streghe son tornate»).
Notevolissima (e stavolta sincera) Ombre etrusche (un canto orfico), un lento ipnotico dal riffing anni ’70 e con un crescendo passionale.
Un bel riff apre Col fiato sospeso, che evoca un i Rem prima maniera negli arrangiamenti. Peccato solo l’ammiccamento ruffiano ai militanti di Ultima Generazione.
Un mix tra new wave e post punk caratterizza Una e unica, che sfocia nel pop nel bel coro ultramelodico. Bello e sincero, visto che Pedrini ha dedicato la canzone alla figlioletta non ancora adolescente.
Sinceri anche i ricordi che riaffiorano in Plastic Killer (anni ’80): la Milano da bere con le sue illusioni e il Plastik, un superlocale frequentato dalle star internazionali. Ma, soprattutto, le scorribande notturne del Pedrini minorenne alla ricerca di emozioni per sentirsi grande e crescere.
Niente di meglio di un bel motivo new wave ritmato e arrangiato a dovere per raccontare queste emozioni.
Fresco non è proprio una novità per gli aficionados di Pedrini: il brano, infatti, proviene da Un Aldo qualunque sul treno magico (Polydor 2002), l’ultimo album dei Timoria. Più che una cover un’autocitazione. Arricchita, tra l’altro da un bell’Hammond morbido e tondo che fa tanto Procol Harum.
Finché è finita è un bel rock italiano con una bella chitarra in primo piano, che cita un po’ Ligabue e un po’ Vasco.
Chiude l’album l’ariosa Mangia, ridi, ama (Little Boy), piena di ricordi e suggestioni esistenziali.
Omar Pedrini: Sospeso come un caffè
Pedrini ha dichiarato più volte che Sospeso riflette la sua condizione attuale di convalescente e di artista pronto a tornare in pista.
L’album è un bell’esempio di rock tricolore, che fa perdonare qualche ingenuità (o ruffianata) di troppo nei contenuti.
Ma “sospeso” è anche il culto napoletano del caffè “solidale”, che si lascia pagato al bar per chi non può permetterselo.
Forse è la metafora positiva del disco di Pedrini: un lascito musicale forte e genuino per le nuove generazioni. Un po’ di ideologia in meno non avrebbe guastato. Ma non tutto si può avere…
Per saperne di più:
Il sito web ufficiale di Omar Pedrini
Da ascoltare (e da vedere):
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