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Dopo il flop, il caos. Volano le pezze tra i seguaci di Pino Aprile

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Il no all’alleanza con de Magistris in Calabria ha generato una rottura (probabilmente) insanabile nel Movimento 24 agosto-Equità territoriale. Gli ex colonnelli accusano: elezioni gestite male e poca democrazia interna. E Calderone dà il carico sui bilanci del partito

Sulle vicende bizzarre e un po’ contorte del Movimento 24 agosto-Equità territoriale è intervenuto il 17 novembre scorso Il Mattino di Napoli, con un articolo di Antonio Menna, che ha un titolo a dir poco significativo: Veleni e ricorsi, implode il movimento dei “sudisti”.

L’articolo, richiamato in prima, racconta i postumi traumatici della mancata partecipazione alle Regionali calabresi, che ha fatto implodere il partitino fondato da Pino Aprile nell’estate 2019 al Parco della Grancia e battezzato a Cosenza nell’ottobre successivo.

Rossella Solombrino, la candidata sindaca apriliana a Napoli

Il racconto è gestito a due voci: quella, decisamente critica, di Nicola Manfredelli, ex referente di M24a-Et per la Basilicata, e quella, invece pro Aprile, di Rossella Solombrino, aspirante sindaca nelle ultime Amministrative per il partitino apriliano, gratificata da mille voti.

Il confronto, tra chi accusa il leader della disfatta e chi lo difende, è ingeneroso: la voce di chi critica la scelta di non partecipare alle elezioni della Calabria a fianco di Luigi de Magistris (e ha pagato la propria presa di posizione subendo un commissariamento) risulta ingigantita rispetto alla protagonista di un flop che si ostina a difendere le scelte dei vertici.

Ma risultano ingigantite anche altre critiche, decisamente più dure rispetto a quella di Manfredelli. Ci si riferisce, ad esempio, alla durissima requisitoria di Franco Calderone, referente per la Sicilia, anche lui commissariato.

Più delle liti parlano i dati: in poco più di due anni di vita, il Movimento 24 agosto ha avuto una parabola a fisarmonica.

Dapprima c’è stato il boom sulla rete, grazie anche al fortissimo seguito di Aprile sui social. A questo boom è seguita una forte crescita delle adesioni, misurabile in circa 2.800 tessere, un risultato non scontato nell’attuale fuga dalla politica.

Poi sono arrivati gli stop, dovuti essenzialmente alla mancata partecipazione a importanti tornate elettorali (le Regionali del 2020), alla recente crisi politica calabrese e ai risultati magri ottenuti dai pochi tentativi di candidatura.

Risultato: molti, delusi, hanno abbandonato il Movimento, che – riferisce Calderone in un’intervista al giornale online I Nuovi Vespri – si è dimezzato e rischia di decrescere.

Gli ex fedelissimi puntano il dito

Ad Aprile non si può rimproverare la scelta di non partecipare alle Regionali e alle Amministrative del 2020: troppo giovane il partito, troppo prematuri i tempi. Soprattutto per affrontare contesti non facilissimi come quelli campano, pugliese e calabrese.

Nicola Manfredelli, l’ex dirigente di M24a-Et per la Basilicata

Già: i clic, i like e le metriche del web possono misurare un sentiment o un trend, ma non è detto che si traducano in voti. E questo il giornalista pugliese lo sapeva benissimo. E, probabilmente, lo hanno capito anche i suoi.

Infatti, le pezze sono volate in seguito alla non partecipazione alle Regionali calabresi del 2021 al fianco di Luigi de Magistris. Una decisione, accusano Manfredelli e Calderone, di cui sarebbero ignoti i veri motivi.

A questa accusa politica ne seguono altre, di natura amministrativa e legale.

Analizziamole nel dettaglio.

Le accuse politiche

I primi a ribellarsi sono due protagonisti della vicenda calabrese: Amedeo Colacino, ex sindaco di Motta Santa Lucia e referente della provincia di Catanzaro, e Stefania Frustaci, referente del circolo di Catanzaro.

I due hanno puntato il dito contro la dirigenza regionale del Movimento 24 agosto in tempi non (ancora) sospetti: cioè mentre maturava la decisione di mollare de Magistris.

Stefania Frustaci, ex referente del circolo catanzarese di M24a-Et

Lo testimonia una nota al vetriolo in cui i due lanciano accuse ben precise e, soprattutto, fanno i nomi. Queste accuse, c’è da dire, sintetizzano le polemiche lanciate sui social da vari iscritti e simpatizzati di M24a a partire dalla scorsa primavera, quando Aprile divenne direttore della testata calabrese LaC.

Infatti, scrivono Colacino e Frustaci: «Negli ultimi tempi il Movimento ha subito marcata e progressiva involuzione iniziata da quando il Presidente Pino Aprile ha deciso di accettare l’incarico di Direttore della TV regionale calabrese LaC News». Ancora: «Proprio nel momento di massima espansione del Movimento, che raccoglieva sempre più consensi per l’attivismo dei Circoli sul territorio, e si era già organizzati per le elezioni, il nuovo impegno del Presidente Pino Aprile è coinciso con il progressivo depauperamento del patrimonio di idee e risorse che il Movimento aveva accumulato».

Ma i veri bersagli dei due terronisti sono i vertici regionali: «Il Referente regionale Paolo Mandoliti e il segretario Francesco Intrieri hanno gestito in maniera scoordinata, bloccando qualunque iniziativa che potesse dare visibilità al Movimento e sconvolgendo gli equilibri interni dei Circoli e soprattutto impostando una campagna elettorale senza dare certezze ai candidati, è sembrato anzi che i dirigenti tramassero contro i Circoli e contro la buona riuscita delle Elezioni in Calabria».

Proprio Mandoliti e Intrieri sarebbero stati tra i responsabili del divorzio dal sindaco di Napoli: «Nel Direttivo Regionale si è creato ben presto una caccia alle streghe, del tipo o sei con me o contro di me e allora ti metto in un angolo. In questo modo si è assistito a un progressivo disamoramento degli associati, ma i Dirigenti regionali, invece di recitare il Mea Culpa, più perdevano pezzi, maggiore era il sospetto che era tutta colpa di De Magistris».

Amedeo Colacino, l’ex sindaco di Motta Santa Lucia

Durissima la conclusione: «Ormai resta il sospetto, fondato su alcune affermazioni di Dirigenti regionali, che ci sia stato il tentativo di traghettare il Movimento verso la destra di Occhiuto, che avrebbe permesso l’elezione certa di alcuni nostri candidati. […] Noi siamo certi che i poteri forti hanno avuto il loro ruolo distruggendo una bella realtà, ma hanno trovato pure degli inetti o dei conniventi ai vertici che glielo hanno permesso».

Non c’è davvero altro da aggiungere.

Chi vuole, può leggere qui il testo integrale della nota.

Le accuse legali

Questa polemica è strettamente intrecciata a quella che abbiamo appena raccontato.

La ricostruiamo attraverso la testimonianza di Franco Calderone, ex referente siciliano di M24a-Et, resa nell’intervista già citata a I Nuovi Vespri (leggi qui il testo integrale) e attraverso un documento firmato da dodici membri del direttivo del Movimento in occasione dell’ultima riunione tenutasi a Napoli il 31 ottobre scorso.

Franco Calderone, ex referente siciliano del partito di Aprile

Questo documento, racconta l’esponente siciliano, sarebbe stato affisso alla porta della sala d’albergo dove si sono svolti i lavori e, parrebbe, non è stato preso in considerazione.

In sintesi, le accuse di Calderone e della parte del direttivo che ha fatto blocco con lui si riducono a un concetto: poca o inesistente democrazia interna.

Il che, a voler analizzare la situazione, ci potrebbe pure stare in un partito giovane e non strutturato.

Il nodo vero è nello Statuto, sottoscritto a Scampia poco prima della manifestazione di Cosenza di ottobre 2019, che impone la convocazione dell’assemblea generale al raggiungimento dei mille iscritti.

Il Movimento, quando emerge il problema, ha raggiunto quasi i tremila aderenti. Un risultato non piccolo, nella politica 4.0 né gratuito: una tessera costa venti euro.

Non vogliamo fare i conti in tasca a nessuno, ma solo introdurre la seconda parte del problema: i bilanci.

Nel loro documento Calderone & co. contestano l’approvazione del bilancio di esercizio del 2019 operata dal direttivo nella sua riunione del 19 settembre e la proposta di approvare il bilancio del 2020 nel corso della riunione del 31 ottobre.

Contestano inoltre l’approvazione del bilancio preventivo del 2021, visto che ormai l’anno solare inizia a volgere al termine.

La motivazione è formalmente inoppugnabile: questi compiti non spettano al direttivo, ma all’assemblea generale, mai convocata. Per queste irregolarità non si può dare tutta la colpa ad Aprile e al suo stato maggiore, visto che M24a-Et ha operato, anche per colpa del Covid, in situazioni di emergenza.

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Ancora: i dissidenti accusano il presidente (cioè Aprile) di non essersi limitato all’ordinaria amministrazione, visto che è dimissionario, ma di aver fatto atti straordinari, tra cui provvedimenti disciplinari e commissariamenti.

Fin qui, in estrema sintesi, i rilievi dei ribelli, che annunciano azioni giudiziarie.

A questo punto, non è il caso di dare giudizi, che spettano all’autorità giudiziaria, se e quando verrà coinvolta. Perciò, al momento, massima solidarietà ai delusi da Aprile ma altrettanto garantismo nei confronti del giornalista pugliese, che assiste alla polverizzazione del suo partito.

Un brutto spettacolo

Dal punto di vista politico, tuttavia, la situazione risulta censurabile: nessun dibattito aperto, ma commissariamenti e deferimenti alle assemblee dei probiviri.

Un po’ troppo per un Movimento che si prefigge la rinascita del Sud in maniera democratica.

È l’inizio di una fine che, purtroppo, rischia di essere ingloriosa.

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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