Il Sistema, Palamara racconta Why Not
L’ex capo di Unicost racconta ad Alessandro Sallusti i retroscena dell’inchiesta-scandalo che costò la carriera a Luigi De Magistris, all’epoca pm a Catanzaro…
Pubblichiamo gli stralci del libro intervista di Luca Palamara e Alessandro Sallusti relativi ai “condizionamenti” che l’Anm avrebbe causato all’inchiesta Why Not, condotta nel 2007 a Catanzaro da Luigi De Magistris.
Quest’inchiesta, con cui l’ex pm era arrivato a lambire Romano Prodi, ebbe un percorso travagliato e finì in nulla. Ma ha lasciato molte questioni irrisolte.
Non entriamo nel merito della vicenda ma ci limitiamo a riportare i passaggi inquietanti del libro. Il lettore giudichi da sé.
[Sallusti] Chi tocca la sinistra è fuori.
Lei ha parlato di sistema, di condizionamento ambientale, di magistrati che sanno «naturalmente» come comportarsi per non perdere l’«allineamento». Ma qualcuno avrà provato a sfidare il sistema…
[Palamara] Certo, storie e persone diverse tra loro, ma i casi di Luigi De Magistris, di Clementina Forleo, di Antonio Ingroia, di Alfonso Sabella e Antonio Sangermano, per citare i più noti, dimostrano che se sfidi il «Sistema» sei fuori, indipendentemente dal fatto che tu abbia ragione o torto. E io lo so bene perché c’ero: il quel momento il Sistema ero io.
Può raccontarci queste storie?
Adesso sì. Sia chiaro, non rinnego ciò che ho fatto, se sono durato così a lungo è proprio per le posizioni che ho assunto, senza le quali non sarei stato dove sono stato neppure un giorno in più. Mi hanno accusato di essere uno schierato a sinistra. Non è così. Io non ero il protettore di questo o di quello, di una parte politica o dell’altra. Io ero il protettore del sistema correntizio che a maggioranza era ed è su posizioni ideologiche di sinistra, in conflitto con la destra di Silvio Berlusconi. Il mio compito non era di cambiare quella posizione, ma semplicemente di difendere il sistema. L’ho fatto per convenienza? Perché ci credevo? Per calcolo? L’ho fatto e l’ho fatto per successo. Punto. […]
[Da Il Sistema, cap. L’imprevisto, pp. 67-68]
[…] [Palamara] La brace covava sotto la cenere e di lì a poco scoppierà l’inferno.
[Sallusti] Immagino si riferisca all’inchiesta Why Not, dal nome dell’azienda informatica di Lamezia Terme su cui partono le indagini, aperta a metà di quell’anno dal pubblico ministero di Catanzaro, Luigi De Magistris, poi sindaco di Napoli.
[Palamara] Proprio quella. È un’inchiesta che all’inizio coinvolge, tra i tanti, il presidente del Consiglio Romano Prodi, due suoi collaboratori, Angelo Rovati e Sandro Gozi, oltre al ministro della Giustizia Clemente Mastella. De Magistris era all’epoca sconosciuto, non apparteneva a nessuna corrente in modo organico, un cane sciolto che diventa il «cigno nero», l’imprevisto che fa andare in tilt il sistema.
In effetti che la magistratura mettesse in crisi il governo che aveva da poco sconfitto Berlusconi alle urne fu un’anomalia sorprendente. De Magistris andava fermato?
Diciamo che la decisione è di provare ad arginarlo. Il «Sistema» non può permettersi una cosa del genere. Mastella chiede al Csm di trasferirlo con provvedimento d’urgenza; il suo procuratore capo, Dolcino Favi, avoca a sé l’inchiesta e nottetempo fa scassinare la sua cassaforte per venire in possesso del fascicolo. Si muove anche la procura di Salerno, competente su Catanzaro, e tra le due finisce in rissa. Insomma, scoppia il finimondo.
E voi che fate?
Il Csm apre un fascicolo che di lì a pochi mesi porterà al trasferimento di De Magistris, io mi consulto sia con i miei sia con il Quirinale. E succede che, per la prima volta nella sua storia, almeno recente, l’Anm prende le distanze dall’operato di un pubblico ministero. Il comunicato lo feci io insieme a Giuseppe Cascini, fu un atto sofferto ma di coraggio, rompeva il dogma secondo cui un pm va difeso sempre e comunque. E su questo ebbi la spinta di Cascini, cioè dell’ala sinistra della magistratura, una spinta che mi lasciò molto stupito.
Detto più chiaramente, voi lo scaricate e il presidente Napolitano approva?
In effetti lo scarichiamo e condividiamo questa scelta con il Quirinale tramite il compianto Loris D’Ambrosio, il mio riferimento al Colle. Formalmente, perché nella sua inchiesta c’era una cosa assurda e inaccettabile: un decreto di perquisizione di ben 1700 pagine fatto apposta per poter rendere pubbliche tutte le intercettazioni, comprese quelle che riguardavano il ministro Mastella. Fu una forzatura delle regole e una violazione della privacy intollerabile, una provocazione.
Formalmente è così. Sostanzialmente?
Si ritorna al solito discorso del sistema. De Magistris non era allineato, quel governo già debole di suo e argine contro le destre non poteva essere attaccato in quel modo, con un’inchiesta dove oggettivamente si erano verificati degli eccessi. Anche se poi quello che posso dire – e qui lo dico per la prima volta – che De Magistris ha ragione quando dice che un’azione punitiva di quel genere nei confronti di un magistrato non c’era mai stata. E che non ha costituito un precedente per le tante inchieste e i tanti processi che hanno fatto poi discutere per la loro abnormità, tra i quali possiamo tranquillamente mettere – ne parleremo – alcuni di quelli a Silvio Berlusconi, dai settecento e passa milioni di risarcimento per il lodo Mondadori al caso Ruby. Il caso De Magistris è stata una parentesi, un’anomalia anche se lui non ha mai fatto – ma è ancora in tempo a farla – autocritica per alcune incongruenze di quella vicenda. Non dico che oggi io debba giustificarmi, ma a lui delle risposte vanno date.
A quali domande?
Ci furono pressioni politiche per scaricare De Magistris, perché quell’inchiesta andava a colpire un governo di sinistra? Il governo era di sinistra, il mio sistema di riferimento anche, lascio a voi le conclusioni. In quelle ore ero in contatto diretto con il Quirinale? Sì, lo ero, in particolare con il consigliere Loris D’Ambrosio. L’Anm ha mai detto una parola sui colleghi che si sono occupati di Berlusconi? No, anzi; in quel caso, nei momenti di tensione, a prescindere da tutto io dovevo prendere l’aereo per Milano e mostrarmi accanto a quei magistrati, difenderli senza la minima incertezza.
Lei andò oltre. Quando De Magistris fu poi trasferito, disse: «Il sistema ha vinto, ha dimostrato di avere gli anticorpi».
E De Magistris mi replicò: «Tu sei lì per difendere i magistrati, non la politica». Oggi la parola «anticorpi» non la ridirei, ma non intendevo offendere lui, ero preoccupato della tenuta del sistema che mi era stato affidato e in cuor mio ero pure speranzoso che da quel momento in poi la regola che nessun pm potesse mettere alla gogna chicchessia sarebbe stata fatta rispettare. È poi successo così? No, sicuramente no, e questa è una mia sconfitta. De Magistris è stato sacrificato anche perché non apparteneva né era funzionale ad alcuna corrente? Sì, è così. Quando il Sistema ti blocca ti blocca, quando l’input parte dall’alto e le correnti sono d’accordo non c’è verso che tu possa salvarti. Io oggi ne so qualcosa.
[da Il Sistema, cap. L’imprevisto pp. 71-74]
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