L’ultimo saluto per Jole
La governatrice calabrese se n’è andata nel sonno, dopo dieci mesi tormentati di amministrazione. Ora prevale il cordoglio ma fino a qualche giorno fa fioccavano veleni e polemiche. La Santelli ha smesso di soffrire due volte: per la malattia terribile che la tormentava e per la sua Regione, impossibile da gestire
La notizia è piombata all’improvviso, sebbene per molti la morte di Jole Santelli era solo una questione di tempo: il poco che lasciano i tumori gravi.
Al riguardo, c’è da pensare che l’arresto cardiocircolatorio abbia risparmiato alla presidente due sofferenze: governare la Calabria in un momento difficilissimo e combattere la malattia. Ed è difficile dire quale sarebbe stata la più dolorosa.
Adesso c’è il lutto che ferma ogni cosa e, per qualche ora, congelerà letteralmente il tempo, come accade in tutti i lutti eccellenti, che si tirano dietro l’immancabile strascico di dolore sincero e di ipocrisie.
Però, a proposito di congelamenti, il cordoglio della politica è come la neve: copre tutto quel che ci sta sotto – rancori, livori, opportunismi, calcoli e strategie – che nel frattempo continua a fare il suo corso. E le condoglianze, le attestazioni postume (e facili) di stima, le lacrime, da coccodrillo o da gatto, non possono far passare in secondo piano il carico di veleni, di polemiche, spesso asprissime, e di contraddizioni di cui la Santelli è stata bersaglio fino a qualche giorno fa.
Nulla di speciale in tutto questo. Anzi, siamo nella media dei trattamenti riservati ai presidenti della Calabria, una regione in cui dalla politica ci si aspetta tutto e in cui la politica fa e disfa a piacimento più che altrove.
Ma la breve durata del suo incarico permette di cogliere ancora di più la contraddittorietà di certi comportamenti. Basta scorrere l’Ansa per rendersi conto che il primo ad aver diramato (via Twitter) le proprie condoglianze è stato Salvini con la sua consueta retorica minimalista: «La Calabria e l’Italia ti abbracciano».
Riavvolgiamo il nastro di pochi mesi per capire meglio la natura di questo abbraccio: la Lega, nelle scorse Regionali, fece campagna elettorale a sé e Salvini, praticamente, non si fece mai vedere vicino a Jole e viceversa.
Marciare divisi per colpire uniti? Forse. Ma anche questa zoppia della coalizione, vistosissima per gli addetti ai lavori e comunque percepibile dagli elettori comuni, ha contribuito a rendere quella della Santelli una presidenza debole.
Già: la governatrice, aveva preso meno voti della coalizione che l’aveva portata alla vittoria, con conseguenze che si sono rivelate da subito, nella scelta della giunta e dello staff.
Ancora: la Santelli è morta nella sua casa di Cosenza e la notizia è stata confermata da Mario Occhiuto, sindaco del capoluogo calabrese, di cui la Santelli era stata la vice fino a qualche settimana prima di candidarsi alla Regione.
Il cordoglio del sindaco è senz’altro sincero. Tuttavia, questo cordoglio non può far dimenticare le polemiche roventi dello scorso autunno, quando la vicesindaca e deputata di Forza Italia soffiò la candidatura a Occhiuto, che scaldava già i motori sin dall’estate precedente.
Allarghiamo il cordoglio dalle persone alla città, in questo caso Cosenza. Ora si piange (e tante lacrime sono sincere). Ma fino a qualche tempo fa, stando ai bene informati, sarebbero circolate in questa stessa città le copie delle cartelle cliniche con i resoconti puntuali sullo stato di salute della governatrice.
Un modo a dir poco perfido e a dire il giusto infame di sussurrare: non ne ha per molto. E c’è da sperare solo che questa voce non sia confermata, perché altrimenti saremmo davvero oltre il massimo veleno consentito alla lotta politica, tra coalizioni e nella coalizione.
In pochi mesi di governo, Jole è stata criticata per tutto e per il suo esatto contrario: per le ordinanze draconiane con cui ha cercato di fronteggiare il Coronavirus e per le feste in piazza dove ha ballato la tarantella senza mascherina; per il tentativo di riaprire la regione un po’ prima delle decisioni del governo centrale e per quello di anticipare le scelte di quest’ultimo limitando la vita sociale prima che Conte mettesse mano ai nuovi dpcm.
Trascurabili le polemiche sullo staff, non ultime quelle relative all’ufficio stampa, perché da che mondo è mondo, queste sono forme di spoil system camuffate da selezione pubblica: logico che diventino occasioni per far clientela. Ma c’è da dire che queste clientele non erano le sue personali.
Già: la Santelli, a differenza degli altri big calabresi, non è mai stata una centometrista del voto e aveva svolto tutta la sua carriera a Roma e da Roma, quindi non aveva troppi obblighi personali da soddisfare.
La presidente aveva percorso il cursus honorum al contrario: l’appartenenza all’inner circle berlusconiano, sempre vissuta con orgoglio, le aveva consentito di iniziare da deputata e diventare due volte sottosegretaria senza mai passare per le forche caudine delle amministrazioni locali, specie quelle calabresi, dove si deve maneggiare il fango tutti i giorni e non ci vuol molto a beccarsene qualche schizzo.
Anche questa cosa nessuno l’ha mai perdonata a Jole. Soprattutto, non gliel’hanno mai perdonata i maggiorenti calabresi del suo partito, che consideravano sé stessi portatori d’acqua, cioè dell’impressionante massa di voti ottenuti da Forza Italia nei suoi anni d’oro, e lei una “calata dall’alto” che godeva il frutto del lavoro (e delle clientele) altrui.
Non a caso, nel microcosmo azzurro calabrese i tentativi di golpe nei suoi confronti non sono mai mancati.
Può un lutto coprire tutto questo? Proprio no. Anzi, il tempo di smaltire il cordoglio e i veleni riprenderanno tal quali. Ma stavolta risparmieranno la governatrice per il rispetto che si deve a chi non c’è più.
Tuttavia, a rivedere questi ultimi dieci mesi alla moviola, resta doverosa una considerazione: Jole Santelli è stata l’unica presidente possibile della Calabria, una terra conciata così male da rovinare la carriera di qualsiasi big dotato di un consistente seguito elettorale. Proprio perché non era una grande raccoglitrice di consensi ma manteneva comunque un canale privilegiato con la Capitale e i suoi ambienti di potere, la Santelli poteva affrontare questa sfida, rivelatasi rovinosa per i due governatori che l’hanno preceduta. E, probabilmente, l’ha affrontata con lo spirito di chi si sottopone a un sacrificio perché non può fare altro.
Infatti, nell’estate del 2019 Jole Santelli era l’unica chance per la Calabria di trovare una sua governabilità. Che, per il resto sarebbe stata una missione impossibile per tutti gli altri, a partire dal centrodestra, in ascesa ma diviso da litigiosità che nulla avevano da invidiare alle vecchie faide di mafia. Tutto il resto era prossimo alla morte cerebrale: il centrosinistra, uscito con le ossa rotte dall’amministrazione Oliverio, e i populisti, in chiave pentastellata e civica, rumorosi e velleitari nella comunicazione e inconcludenti a livello politico.
Jole se n’è andata con tre primati: essere stata la politica calabrese con la carriera più forte a livello nazionale, la prima governatrice donna della sua Regione e la prima a morire nel corso di un incarico istituzionale delicato.
La storia ci dirà quanto questa gloria fu vera e grande.
Di sicuro tutti dobbiamo riconoscerle la forza e la dignità con cui si è caricata quest’ultimo fardello. E darle l’onore delle armi che merita chi ha vinto sempre e si è dovuto arrendere solo di fronte al nemico più temibile: la vita.
Saverio Paletta
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Salve,
mi chiedo sulla base di cosa lei stima che la Santelli abbia preso meno voti della sua coalizione visto che il voto disgiunto in Calabria non è previsto?
Egregio Enrico,
Buongiorno e buona domenica.
Lei ha ragione: nelle Regionali calabresi il disgiunto non si pratica (e per fortuna).
Tuttavia, il rilievo statistico sulla base del quale Jole Santelli è risultata “indietro” rispetto alle sue liste di circa il tre per cento è stato possibile per via di un dettaglio: secondo la legge elettorale regionale il voto dato al singolo consigliere (o simbolo di lista più consigliere) va alla coalizione, quindi al candidato presidente, anche quando il nome di quest’ultimo non è stato barrato.
Ma anche in questo caso può non voler dire nulla, dato che la forbice è piccola.
Dice molto, a livello politico, se si raffronta la modesta forbice negativa della Santelli con l’importante forbice positiva di Callipo, che ha staccato la sua coalizione di circa sei punti.
E se si aggiunge un altro dato: Salvini fece campagna elettorale a sé e raggiunse quasi Forza Italia con una linea politica autonoma.
Questi dati, aggregati alla meno peggio, possono essere l’indice della debolezza politica della ex presidente.
Inutile dire che la nostra riflessione è stata “avalutativa” e non “di parte”.
Grazie per l’attenzione e per il suo ottimo rilievo.
Saverio Paletta