Otto volte Color Fest, gli emergenti arrivano in Calabria
Parte col botto il festival dell’estate calabrese. La paura del Covid c’è, ma non basta a fermare la voglia di musica, ovviamente gestita secondo le regole
L’ottava edizione di Color Fest si è svolta quest’anno a Maida (Cz), grazie all’ospitalità dell’agriturismo Costantino, che ha messo a disposizione la location, il 12 e il 13 agosto scorsi.
Inutile dire che, su tutta la manifestazione, ha pesato il fantasma della pandemia, presente il primo giorno con rigorose misure anti-Covid, addirittura invasivo il secondo.
Andiamo con ordine.
I palchi allestiti nell’area dell’agriturismo sono due: il Pic nic area stage, collocato davanti ad uno spazio verde e il secondo palco, dedicato al giornalista Stefano Cuzzocrea, dotato di una platea di sedie.
La prima parte della prima giornata prevede otto artisti.
Dalla vicina Taranto, Giovanni Marinelli esegue i suoi pezzi in versione acustica. Sotto il sole ancora caldo ascoltiamo le note e gli accordi dai suoi pezzi, tra cui T-shirt, da cui è stato estrapolato un videoclip pubblicato pre-lockdown.
Un ritorno alle origini per il reggino Giuseppe Porcino,che si presenta con lo pseudonimo Bars Bars Bars e torna a scrivere nella lingua madre, proprio come nei suoi Stradedària, degli anni 90 e dopo un intermezzo in lingua inglese, come ad esempio All My Friendz Are Dead. I suoi pezzi Aprile e Curami arrangiati con chitarra e synth danno vita a un cantautorato in chiave moderna.
Nel segno dell’ironia l’esibizione del cosentino Francesco Praino, conosciuto come Praino. La sua esibizione è rigorosamente unplugged. Tra i pezzi si segnalano Elena e Morderti.
Si cambia registro con un altro reggino, Giuseppe Costa, che, con il nome d’arte Yosonu, propone al pubblico un mix di elettronica e psichedelia con l’aggiunta di sperimentazioni sonore. Già: Yosonu on usa solo strumenti convenzionali ma si serve anche di oggetti curiosi, ad esempio una grattugia Ikea. E così tra Cucumanda e Tristi per caso, solo per citare qualche titolo, Costa ci mostra un mondo di atmosfere minimali e un po’ bizzarre.
Il toscano Elia Vitarelli, conosciuto come Tōru,propone un it-pop semplice e d’impatto e dai contenuti esistenziali. Lo accompagnano sul palco Emma Vitarelli, cori e synth, Giulio Beneforti, basso e metallofono, Giovanni Ranuzzi, batteria e percussioni. Tra i brani eseguiti, scelti dall’album d’esordio, si segnalano Rimini, Stanze e Rebus.
L’abbraccio tra l’elettronica e il sax caratterizza l’esibizione della bolognese Laura Agnusdei, in cui si mescolano sonorità classiche a intuizioni contemporanee. Jungle Shuffle, ad esempio, è un insieme di vibrazioni profonde, in cui il sound caldo del principe dei fiati si scioglie nel tappeto del campionatore.
Nella pausa tra le due parti della giornata un’esibizione fuori programma. Un doppio omaggio a Rino Gaetano (Sfiorivano le viole) e a Mirko Bertuccioli de I Camillas (Sbranato), eseguito da Federico Cimini, che conclude con un suo brano, La legge di Murphy.
Ci si sposta al secondo palco, dove salgono i Legno. I due artisti toscani coprono il loro volto con due box e si fanno chiamare uno Legno triste e l’altro Legno felice. Tra un numero di cabaret e una gag, il duo snocciola i pezzi del disco d’esordio Titolo album, tutti in linea con i dettami dell’it-pop. Tra i brani eseguiti, Sei la mia droga, Tu chiamala estate e Mi devasto di the. E ancora Istagrammare e In (gin) di vita.
Chiudono la serata Colapesce e Dimartino, che rievocano i mitici anni ’70 col loro look vintage. I due propongono una formula cantautorale decisamente sopra le righe. Si va dai picchi frizzanti di Luna araba e Cicale alla sottile malinconia di Rosa e Olindo o Il prossimo semestre.
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