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Se la protesta è arte. Lavoratori dello spettacolo in lotta

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La protesta a Roma e l’audizione in Commissione degli operatori artistici, penalizzati dal Coronavirus. Chiedono diritti e tutele in un settore pieno di nodi irrisolti per anni, che la pandemia ha portato al pettine

Se non fai sentire la tua voce non otterrai mai nessuna risposta alle tue richieste. Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo conoscono a menadito questa lezione di vita. E infatti il 27 giugno sono andati a Roma, piazza Santi Apostoli, per reclamare tutele e diritti, perché il Coronavirus ha portato al pettine i tantissimi nodi di un settore spesso selvaggio.

Da Cosenza Rita De Donato, attrice e regista, racconta come si è svolto l’evento: «É stata la prima di una serie di mobilitazioni. Era necessario questo momento di visibilità e confronto anche con la società. Volere dimostrare la nostra unione e portare avanti un percorso unitario che riguarda tutto il comparto della cultura».

Gli artisti in protesta a piazza Santi Apostoli a Roma

La situazione si è evoluta in positivo, perché, mentre i manifestanti erano in piazza, è arrivata una richiesta di incontro da parte del Ministero del lavoro.

Una piccola delegazione è riuscita a chiedere un momento di confronto. E il 3 luglio una piccola parte del coordinamento nazionale, La rete professionisti spettacolo e Attori e Attrici uniti, ha avuto modo di far sentire la propria voce in commissione parlamentare. 

Il primo a prendere la parola durante l’incontro è stato l’attore Marco Cacciola. Insieme alla sua collega, Carlotta Viscovo, ha avuto a disposizione sette minuti per lanciare il suo messaggio alla Commissione parlamentare. Ha iniziato dai dati:

«Attori e attrici uniti nasce dall’iniziativa spontanea di circa duemila professionisti, ma i lavoratori e lavoratrici dello spettacolo sono un milione e mezzo in tutto. Un numero pari all’industria delle costruzioni. Questo per dare misura del problema, troppo spesso sottovalutato dalle istituzioni. Certo, è importante la capacità di divertire e intrattenere, ma non bisogna dimenticare la capacità di produrre pensiero, consapevolezza e apprendimento».

Un altro momento della protesta a Roma

Fin qui l’aspetto complessivo del settore. Ma i problemi reali iniziano adesso, dopo la pandemia: «Non abbiamo la possibilità di operare. Non bisogna prestare attenzione solo ai grandi eventi, mentre il restante 80% sta annegando. Sono troppi pochi i lavoratori che hanno avuto accesso ai bonus per colpa dell’inadeguatezza delle regole. E da giugno in avanti non è previsto nulla perché si dice che si è ricominciato. Ma è una falsa partenza. Perciò, finché non sarà possibile è vostro dovere trovare uno strumento che permetta di vivere fino al 2021: Non è assistenzialismo ma essere riconosciuti come un valore su cui investire e non da sfruttare». 

Già, prosegue Cacciola: «Solidarietà e condivisione sono valori necessari per ogni comunità. Non possiamo considerare il profitto e il mercato come le leve del nostro settore. Finché vincerà l’intermediazione della manodopera delle cooperative o l’iper produttività delle imprese per rientrare nei parametri del dl 2014, saranno i lavoratori a farne le spese. Perciò la nostra agitazione sarà permanente. La amplificheremo perché dalle audizioni informali, che abbiamo vissuto fin troppo in questi anni, si passi ad atti formali e concreti e cambiamenti normativi reali. Per esempio riempiendo la legge 175 del 2017, il codice dello spettacolo. Avete le nostre osservazioni e le rappresentanze qualificate con cui dialogare anche. Avete anche il tempo limite, la fine del 2020, per evitare non il conflitto sociale. Manca solo la vostra volontà».

Marco Cacciola (foto di Danilo Puccioni)

Ha concluso Carlotta Viscovo, che si rifatta al concetto di responsabilità: «In quattro mesi di emergenza il Ministro dei beni culturali è stato assente, specie nel ruolo di intermediario tra i lavoratori e le imprese. Nonostante le numerose richieste dei lavoratori e dei sindacati, sono state ricevute solo le parti datoriali, sia per quanto riguarda la chiusura di cinema e teatri sia per la loro riapertura. Chiediamo che lavoratori e rappresentanti sindacali partecipino alla stesura dei decreti attuativi della 175 e di poter prendere visione di ciò che si sta elaborando per evitare di ricevere sorprese come accadde per il dl 2014».

Carlotta Viscovo (foto di Marcello Norberth)

Dopo la constatazione è arrivata la proposta: «Riteniamo che il Ministero dei beni culturali debba monitorare l’operato delle imprese e che i contratti collettivi vengano applicati correttamente, visto che il loro rispetto rientra nei parametri dell’assegnazione del Fus. Il prossimo anno si dovranno rinnovare i parametri del contratto collettivo per la prosa. Ed è urgente, da parecchio tempo, che si discuta un contratto collettivo nazionale per il settore audiovisivo per il personale artistico. Chiediamo che il personale Mibac solleciti in questo senso Anica e Agis perché i lavoratori non possono fare a meno di contributi collettivi solidi che difendano la dignità del loro lavoro permettendo così una migliore resa».

E l’agitazione continua…

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