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Prima che i Deep Purple finiscano. Ian Gillan si dà al rock ‘n roll

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Il cantante convoca la sua vecchia band di gioventù e licenzia Ian Gillan And The Javelins, un album di cover di classici degli anni ’60. Un’operazione vintage dal sapore moderno

In pensione con la passione di gioventù? Forse sì, sebbene sia difficile parlare di pensione per uno come Ian Gillan che, nel bel mezzo del tour di addio dei suoi Deep Purple, ha deciso di concedersi una pausa da quell’heavy rock a cui la sua voce – già tra le più potenti della scena internazionale – è sempre meno adeguata per le inevitabili cattiverie del tempo.

Allo scopo, ha convocato i compari della prima giovinezza: i chitarristi Tony Tacon e Gordon Fairminer, il bassista Tony Whitfield e il batterista Keith Roach, al secolo gli Javelins, la cover band in cui il non ancora Gesù del Jesus Christ Superstar e non ancora frontman dei Purple si dilettava (e si formava) con i classiconi del rock ’n roll negli anni ’60.

La copertina di Ian Gillan And The Javelins

Allora era troppo tardi, perché quella roba la suonavano già, con molto più successo, le star come i Beatles e gli Stones e quelli come Gillan avrebbero dovuto aspettare un decennio per sfondare col nascente hard rock.

Ora che l’urlatore più forte del rock è una star di fama mondiale le cose cambiano: rifare quelle cover coi compari di allora non vuol dire solo divertirsi in un clima di sfacciata goliardia retrò. Significa anche lanciare una sfida a distanza a tutti quelli che hanno coverizzato quei classici, a partire proprio dagli idoli delle teenagers che allora gli davano la polvere. Significa inoltre, rivivere quel che si era attraverso quel che si ama con l’autenticità di chi non deve dimostrare più nulla a nessuno.

Per questo Ian Gillan And The Javelins, inciso in tempi record per la Earmusic con l’aiuto di un altro Purple, il tastierista Don Airey è un album divertente e commovente allo stesso tempo.

Divertente perché sono divertenti i brani. Commovente perché i come eravano commuovono, eccome.

Chuck Berry

Non è la prima volta che i Javelins si riuniscono. Già nel 1994 Gillan aveva combinato una prima rimpatriata, da cui era derivato Sole Agency And Representation (Rpm records) anch’esso un album di cover di discreto successo. Ma quello era ancora il prodotto di una rockstar prossima alla mezza età e dei suoi amici appena attempati.

Questo nuovo album, invece, è il frutto della voglia di suonare di una band scanzonata formata da simpatici settantenni, ingrigiti e vestiti in improbabile maniera retrò.

Nella foga di recensire qualcuno ha affermato che Ian Gillan And The Javelins contiene cover e brani inediti. Ci permettiamo di correggere il tiro: sono tutte cover, rimodernate nel sound (sessant’anni non sono passati a caso e invano) ma eseguite in maniera fedele agli originali, perché lo scopo di Gillan e compari è divertirsi.

Buddy Holly

La chioma corvina è un ricordo e l’ugola non è più quella di una volta. Ma il mestiere e l’esperienza abbondano e il londinese sa come emozionare.

Innanzitutto, quando dà nuova vita ai classici di band e artisti minori, inghiottiti dagli scaffali dei collezionisti e restituiti da Youtube coi fruscii dei vecchi vinili: è il caso di Do You Love Me dei The Contours, di Little Egypt (Yin-Yang) dei The Coasters (che tuttavia ebbe anche un’interpretazione di Elvis Presley), di Chains dei The Cookies e di You’re Gonna Ruin Me Baby di Lazy Lester.

Anche il paragone coi big del rock ’n roll è vincente. C’è l’immortale Chuck Berry, presente con Memphis, Tennessee e Rock And Roll Music, di cui i Javelins forniscono una versione simile a quella dei Beatles.

Bo Diddley

Non possono mancare i rivali di re Chuck, come il Jerry Lee Lewis di High School Confidential, il Buddy Holly di Heartbeat e It’s So Easy, quest’ultima già rivitalizzata negli anni ’70 dalla bella Linda Ronstandt. Oppure come il Roy Orbison di Dream Baby (How Long I Must Dream) e il Bo Diddley di Mona (I Need You Baby), coverizzata a suo tempo dai Rolling Stones.

Ma non c’è solo rock ’n roll nell’album dei ricordi di Gillan, che sfida due volte Sua Maestà Ray Charles (Hallelujah I Love Her So e What I’d Say) e omaggia il mitico bluesman Howlin’ Wolf con quella Smokestack Lightnin’ su cui si esercitarono a suo tempo gli Yardbirds e i The Animals.

Le ciliegine sulla torta sono due piccoli classici dell’immaginario adolescenziale dei ’60 (e non solo): Save The Last Dance For Me dei The Drifters, resa di recente in maniera ultrapatinata da Michael Bubblé e Another Saturday Night di Sam Cooke, già interpretata in maniera sfavillante da Cat Stevens.

Ironici e autoironici, enciclopedici e divertenti, Ian Gillan And The Javelines riescono a far funzionare la loro macchina del tempo in maniera appassionante.

Vale la pena farci un giro perché rivivremo i mitici ’60 come in un sogno in technicolor. Roba finta? Senz’altro. Ma a volte è meglio del bianco e nero, spesso virato al grigio, con cui li hanno vissuti i nostri genitori. Rock (and roll) on.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale di Ian Gillan

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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