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Dissolution, ancora più inquietante il prog di The Pineapple Thief

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Il quartetto britannico sforna un nuovo album. Nove canzoni oscure e affascinanti col supporto di Gavin Harrison, l’ex batterista dei Porcupine Tree

Intellettualismi, forse evitabili, e bravura? Lasciano un po’ di perplessità le dichiarazioni di Bruce Soord, eminenza grigia della nuova scena indie-prog britannica, a proposito di Dissolution, dodicesima, recentissima prova in studio dei suoi The Pienapple Thief.

Il bersaglio polemico del cantante-chitarrista sono i social network. O meglio, il loro abuso, che ha portato a forme di alienazione e di rottura dei legami sociali e umani autentici.

The Pineapple Thief al completo

Alla meno peggio è una banalità in stile vetero-no global, tanto più che Soord e soci hanno realizzato l’album attraverso il web e senza mai provare assieme. E, sempre attraverso i social network, curano i loro rapporti coi fan.

Una tirata moralistica che ricorda gli atteggiamenti di certi hippy milionari o di intellettuali alla Marcuse: critici pubblici della società dei consumi, ma cultori privati del benessere e, a volte, del lusso.

Lasciamo stare, allora, gli intellettualismi e concentriamoci sulla bravura.

Che nel caso di Dissolution, pubblicato dalla Kscope a fine agosto, emerge alla grande.

La copertina di Dissolution

The Pineapple Thief sono cresciuti molto a livello artistico, grazie anche all’apporto dell’ex Porcupine Tree, il talentuoso batterista Gavin Harrison, autore del tanto sbandierato andamento in sei ottavi dell’ottima Far Below. Ma tutta la band appare in gran forma e, nonostante il lavoro a distanza, molto affiatata. Certo, i Tpf prediligono il lavoro d’assieme e non indulgono in scorribande soliste (che ormai sono una caratteristica più del prog metal che del prog in senso stretto), ma ciò non impedisce di apprezzare l’ottimo lavoro del bassista John Sykes e del tastierista Steve Kitch, abilissimi a dare spessore e profondità al sound con armonizzazioni ardite, in grado di amalgamare l’approccio indie-prog e le sonorità malate della chitarra di Soord con le ritmiche dinamiche, effervescenti e bizzarre di Harrison.

Not Naming Any Name è una breve intro per pianoforte e voce, in cui il frontman dei Thief incanta gli ascoltatori con la sua timbrica intimista.

Con Try As I Might si entra nel vivo del discorso musicale di Dissolution: riff rock ma non troppo, melodie sofisticate e ammiccanti, cambi di atmosfera ben gestiti su tempi ora compatti e ora dilatati e contrappuntati da giri di basso dal retrogusto seventies.

Threatening War è una prova superba: dopo attacco minimale con sonorità acustiche il brano evolve in un dedalo di poliritmi e cambi di atmosfera. Notevole la parte strumentale, giocata su una felice combinazione d’assieme, con le tastiere in evidenza e i riff e i bicordi di Soord che intervengono in maniera incisiva per marcare il sofisticato gioco ritmico con leggere dissonanze.

In Uncovering Your Tracks, un brano più lineare, emergono alcuni accenni new wave e la chitarra di Soord si lancia in fraseggi lancinanti.

All That You’ve Got si sonda su un gradevole andamento funky pieno di controtempi che ricorda alla lontana i King Crimson degli anni ’80. I riff sono decisamente rock e aumentano l’impatto dinamico del brano senza appesantirlo troppo.

La già citata Far Below è una ballad elettroacustica dalla melodia epica e dal refrain arioso, con un coro che non sfigurerebbe nel repertorio dei migliori Muse (quelli di Absolution, per intenderci). Giunto a metà, il brano cambia tiro e, dopo uno stacco strumentale pieno di dissonanze, punta su sonorità hard. Non male davvero.

Pillar Of Salt è un breve interludio per chitarra acustica e voce, in cui Soord canta versi evocativi su un semplice arpeggio fingerpicking.

White Mist è la prova di bravura e, coi suoi undici minuti, il pezzo più prog di Dissolution: una sarabanda sonora in cui la bella melodia del tema principale sfocia in una lunga e complessa parte strumentale piena di richiami psichedelici, in cui gli assoli iperdistorti della chitarra sono contrappuntati dai suoni rarefatti e carichi di riverbero delle tastiere.

Chiude Shed A Light, una ballad carica di atmosfera con un efficace crescendo epico nella parte strumentale.

The Pineapple Thief dal vivo

Dopo quasi venti anni di carriera e dopo l’ottimo successo di Your Wilderness, piazzatosi al settimo posto delle classifiche indipendenti internazionali, Dissolution è un’ottima prova di maturità, carica di lirismo e caratterizzata da una poetica musicale moderna.

Peccato solo, ripetiamo, per gli intellettualismi di cui abbiamo parlato. Che, tuttavia, di fronte alla superba prova musicale dei The Pienapple Thief, possono passare tranquillamente in secondo piano.

Per saperne di più:

Il sito web ufficiale dei The Pineapple Thief

Da ascoltare (e da vedere):

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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