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Parla l’ex imputato: «Mi hanno prosciolto da tutto, ora lasciatemi vivere»

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Ci scrive di nuovo Danilo Fiumara, pregiudicato e più volte imputato in vari processi: «Ho pagato tutti i miei debiti con la giustizia, ma per vivere ho bisogno di lavorare. Perché tanti ostacoli per restituirmi la patente?»

Spettabile Redazione,

Mi vedo costretto a disturbarvi di nuovo per segnalare ai vostri lettori il mio ennesimo problema. E perdonatemi se mentre lo faccio mi scappa da ridere. Già, non posso fare altro quando rileggo la mia vecchia condanna al 416bis: ai mafiosi, di solito, è associata un’immagine di potere e prepotenza. Io, invece, mi sento un po’ come Totò nella Patente.

Sono anni che provo a riabilitarmi e a lavorare onestamente, perché ho tre figli da mantenere, aiutare ed educare.

Ma purtroppo chi dovrebbe aiutarmi in questo reinserimento non lo fa. Anzi, mi ostacola senza motivi: ho pagato tutti i miei debiti con la Giustizia e di recente sono stato prosciolto con formula piena dalle accuse mossemi nel processo Overing, in cui ho beneficiato, tra le altre, della testimonianza di Vittorio Sgarbi, che si è scomodato non perché sono “mafioso” e quindi ricco, potente e prepotente, ma perché semplicemente ero nel giusto. Dunque, perché tanti ostacoli? Perché questa nuvola nera che mi perseguita da anni come forse non capiterebbe neppure a Fantozzi?

Non penso affatto che in tutto questo ci sia una volontà precisa perché non sono paranoico né megalomane. Tuttavia, viene da riflettere di fronte alla mia sequenza di fatti negativi.

Per chiudere col mio passato ero andato in Austria nel 2014. Lì avevo iniziato un’attività da ristoratore con discreto successo. Sembrava la svolta. E invece no: vengo fermato dalla e costretto a rientrare in Italia per affrontare il processo Overing. Cosa che ho fatto senza battere ciglio.

Ma siccome di qualcosa occorre pur vivere, perché essere imputato è una condizione e non un mestiere, ho provato a darmi di nuovo da fare e ho aperto una griglieria a Vibo Pizzo. C’è da dire che anche quest’attività non andava male, come possono testimoniare gli esponenti delle Forze dell’Ordine che venivano a controllarmi: tranne che per i soggetti col colesterolo e i trigliceridi sopra la soglia di rischio, non ero un pericolo per nessuno. Sono orgoglioso di dire di essere un buon cuoco e se parlo di filetti, salsicce e bistecche al telefono, parlo davvero di questo e non lancio messaggi in codice.

Tuttavia, nel 2016, mentre era ancora in corso il processo, ho ricevuto un obbligo di dimora nel mio Comune di residenza, Francavilla Angitola, un borgo di meno di mille anime, in cui ci si può davvero sentire prigionieri se non si hanno i mezzi e la possibilità di spostarsi. Quest’obbligo, a cui mi sono attenuto scrupolosamente, ha messo in difficoltà la mia attività. Ma ciononostante ho tentato di portarla avanti, delegando le mie mansioni ai miei collaboratori.

Ho dovuto chiudere quando è emerso che il locale – che io avevo rilevato nel 2015 e in cui per oltre dieci anni si era già svolta un’altra attività di ristorazione gestita da altri – era abusivo. Non so se sia stato più grande il danno o la beffa.

Di tutti questi tentativi di reinserimento mi restano solo i debiti. E non mi vergogno a dire che per fortuna ho la mamma (quella biologica, non San Luca) che mi aiuta, altrimenti non saprei come fare.

L’ultimo capitolo di questa vicenda è una banalità burocratica: non riesco a riottenere la patente sequestratami all’atto del mio arresto, prima che iniziasse Overing. Una volta riabilitato, ho fatto istanza al prefetto e, per avere una risposta, che ormai attendo da troppi mesi, mi reco in prefettura ogni due per tre, neanche fossi una Madonna Pellegrina. Il tutto con molti fastidi per mia moglie, per i miei amici e per il mio avvocato che costringo a farmi da tassista. Vorrei capire per quale motivo non ho risposte a questa richiesta banale, per cui non mi risultano esserci motivi ostativi di alcun genere.

Non sono un delinquente abituale e tra l’altro non c’è alcuna sentenza o atto giudiziario in cui sono dichiarato tale (se ci fosse, mi metterei l’anima in pace, come ho fatto per tutti gli altri problemi).

Mi trovo in un circolo vizioso: voglio e devo rimettermi a lavorare, tuttavia, per farlo dovrei essere automunito, visto che Francavilla Angitola non offre troppe prospettive. Ma come posso guidare una macchina senza la patente?

Sono mesi che cerco di ottenere una risposta dalla prefettura. Sono mesi che cerco di ottenere un colloquio col prefetto, inutilmente. E siccome non navigo nell’oro l’ipotesi di un ricorso amministrativo è tutt’altro che allettante.

Non ho complessi di alcun tipo, soprattutto di persecuzione. Perciò sono convinto di essere solo vittima, forse al pari di tanti altri, dei micidiali meccanismi delle burocrazia italiana.

E come tutti questi altri, resto solo col mio circolo vizioso: il bisogno e il dovere di lavorare e l’impossibilità di farlo per problemi di timbri.

Ciò mi stimola una riflessione: la mia vicenda cosa può insegnare alle persone che, come me, hanno sbagliato e cercano di redimersi? Lascio a voi la risposta, perché la mia è pessima: i più deboli tra loro penserebbero, al contrario di quel che sostiene giustamente Gratteri, che delinquere conviene. Io non la penso così e il mio vissuto recente lo prova.

Danilo Fiumara

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Saverio Paletta, classe 1971, ariete, vive e lavora a Cosenza. Laureato in giurisprudenza, è giornalista professionista. Ha esordito negli anni ’90 sulle riviste culturali Futuro Presente, Diorama Letterario e Letteratura-Tradizione. Già editorialista e corrispondente per il Quotidiano della Calabria, per Linea Quotidiano e L’Officina, ha scritto negli anni oltre un migliaio di articoli, in cui si è occupato di tutto, tranne che di sport. Autore di inchieste, è stato redattore de La Provincia Cosentina, Il Domani della Calabria, Mezzoeuro, Calabria Ora e Il Garantista. Ha scritto, nel 2010, il libro Sotto Racket-Tutti gli incubi del testimone, assieme al testimone di giustizia Alfio Cariati. Ha partecipato come ospite a numerose trasmissioni televisive. Ama il rock, il cinema exploitation e i libri, per cui coltiva una passione maniacale. Pigro e caffeinomane, non disdegna il vino d’annata e le birre weisse. Politicamente scorretto, si definisce un liberale, laico e con tendenze riformiste. Tuttora ha serie difficoltà a conciliare Benedetto Croce e Carl Schmitt, tra i suoi autori preferiti, con i film di Joe d’Amato e l’heavy metal dei Judas Priest. [ View all posts ]

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